OMAGGIO A PIERO ANGELA

di Nicola Ruffo

Il nostro paese ha bisogno di beni “immateriali”: cioè di conoscenza e di valori

(Piero Angela)

La scomparsa di Piero Angela, lo scorso agosto, ci ha lasciato un vuoto incolmabile. Con lui abbiamo perso non solo un divulgatore scientifico straordinario, ma altresì una vera e propria icona della cultura italiana. La sua persona, così pacata e signorile, educata, mai fuori posto, con quel suo sorriso affabile, era diventata parte integrante di tutte e tutti noi, una presenza percepita come uno di famiglia, rassicurante, atteso.

È dunque con piacere ma anche con una punta di malinconia che parlo del suo ultimo libro uscito postumo, casa ed. Mondadori, Dieci cose che ho imparato. Piacere perché trattare di un’opera di Angela è arricchente; malinconia perché lui non potrà leggermi.

Questo libro raccoglie alcune cose che ho imparato in tanti anni di professione, di incontri, di esperienze, di libri letti e scritti, di speranze e di delusioni”.

Così Piero presenta la sua ultima fatica editoriale.

Non è un diario intimistico né una biografia, sebbene lui racconti aneddoti personali. Del resto, riservatezza e discrezione sono sempre state cifre che lo connotavano. Non è nemmeno un memoriale del percorso professionale. La sua indole rifuggiva da desideri di protagonismo e di auto celebrazione. Il suo obbiettivo, Piero lo aveva chiaro e non lo ha mai tradito: educare il pubblico, non incensarsi.

Dieci cose che ho imparato è un lascito dove – ancora una volta – Angela ci espone il quadro attuale della società, della ricerca scientifica, delle problematiche che ci affliggono a livello globale e delle urgenze su cui intervenire.

Sono diversi temi per i quali non possiamo tirarci indietro: la questione energetica, la crisi della scuola, la necessità di una alfabetizzazione scientifica, la miopia della politica in fatto di investimenti, i pericoli delle fake news, la denatalità, tanto per citarne alcuni.

Le sue pagine però non si limitano a un’esposizione fattuale dello scenario ma suggeriscono soluzioni, prospettano vie di azione, ci invitano, individualmente e collettivamente, ad agire.

[…] occorre far crescere una società moderna e competitiva, attraverso più produttività, ricerca, tecnologia, educazione”.

Il tutto è condotto senza invettive moralistiche (non è mai stato nel suo stile) o linguaggi emotivi. La sua scrittura è pulita, amichevole, accessibile e comprensibile per chiunque. Paterna ma non paternalistica.

Una sua considerazione è meritevole di essere citata; lui riconosceva l’importanza del contesto, delle interconnessioni di una comunità con la sua storia, tecnologia, livello di civiltà: “[…] è così difficile esportare automaticamente modelli democratici moderni in paesi arretrati. Si possono esportare le macchine ma non il contesto”; e ancora: “Quello che manca [nel ruolo dell’informazione pubblica, n.d.r.], è la comprensione del contesto, dei meccanismi, dei perché”.

Lo vediamo: siamo sommersi da notizie, ne siamo resi “nozionisticamente” abulici (oltre che bulimici), ma non sappiamo leggere i processi profondi che caratterizzano una realtà.

Altra nota evidenziata nel libro è il ritardo della scuola italiana nella formazione scientifica; una sovrastimata importanza data alla cultura umanistica, con relativa svalutazione di quella tecnico scientifica, ci ha relegato tra gli ultimi posti nella produzione e nella competitività a livello mondiale. Le eccellenze nostrane preferiscono andare a lavorare all’estero, dove sono meglio valorizzate e pagate.

Interessante il concetto di “brevimiranza” che molti governi, tra cui il nostro, hanno assunto, contrapposto a quello di lungimiranza: si preferisce tamponare le emergenze invece di investire sul futuro con interventi razionali e duraturi.

Ho conosciuto personalmente Piero Angela; posso attestare la garbata impostazione che teneva nei rapporti, la capacità di ascoltare le ragioni degli altri senza giudicarli, il tenersi lontano da atteggiamenti aggressivi o triviali, la fine sensibilità, la profonda umanità.

Questo libro è un commiato dall’amato pubblico ma anche il suo ultimo sforzo per invitarci a essere responsabili.