IL SIMON BOCCANEGRA A LA FENICE DI VENEZIA. RECENSIONE

Quando uno spettacolo teatrale nasce ben ideato , coerentemente impostato ed artisticamente ben amalgamato risulta difficile che possa poi sfuggire dalle mani ed il “Simon Boccanegra” presentato in apertura di Stagione dal Teatro La Fenice di Venezia ne è stato un chiarissimo e semplice esempio. Certo la scelta della complessa partitura verdiana era tale da far tremare le vene ai polsi a qualsiasi Ente ma il virtuoso teatro veneziano , ben coordinato e gestito con agilità e giusta lungimiranza , puntava per cavalcarlo su di un cast prevalentemente giovane , su artisti cioè di grande talento e già richiestissimi in tutti i teatri del mondo ma ancora, nel momento centrale della loro carriera , concentrati al massimo sul gusto della sperimentazione e della ricerca tanto vocale quanto drammatica e teatrale con un risultato finale brillante, interessante e artisticamente coinvolgente. Accadeva così che, pur incernierati in un ambito registico un po’ desueto in cui i simboli dominanti del potere e del mare venivano a volte più descritti che interpretati dalla lettura , in ogni caso composta e professionale di Andrea De Rosa, i caratteri emergessero con giovanile freschezza evidenziando sfumature interpretative dense di contemporanee significanti.

Ecco allora un Simone Piazzola, alle prese con il titanico ruolo verdiano, sottolinearne più i bagliori che le oscurità , le giovanili avventatezze , le ire, gli scoramenti e le angosce cui la sua bella e rotonda vocalità regalava tutti i colori e le sfumature espressive piuttosto che le trepidazioni del padre, le lacerazioni dell’uomo di potere, la rassegnazione di fronte all’ineluttabile . Il bravo baritono incideva dunque un Doge corsaro , in tutto e per tutto, sulle tavole del palcoscenico veneziano evidenziando giusto accento ed ottima vocalità elementi più che sufficienti per apprezzarne lo stile , la raffinatezza espressiva e la drammatica coerenza , doti che, col tempo, potranno naturalmente sfociare in un’ interpretazione di maggior maturità e spessore teatrale

Ugualmente raffinata , anche se in alcuni tratti (Atto I) un po’ al di sotto della sua abituale musicalità e precisione, l’Amelia tratteggiata dalla talentuosa Maria Agresta, ad oggi una delle giovani vocalità più interessanti del nostro teatro musicale e questo per un coinvolgente insieme di sensibilità espressiva, nobiltà d’accento e giusta teatralità. che si mostrava sempre misurata e dolce senza perdere però mai giusto mordente e forza drammatica .

Giacomo Prestia si confermava il grande professionista che tutti ben conosciamo . La sua attenzione ai ruoli interpretati è sempre capillare ed il suo Fiesco viveva di quel vibrante e rancoroso sdegno, magistralmente intessuto nelle maglie dell’ affetto paterno (ricordiamo che Fiesco è già padre quando Simone ancora è corsaro) e di quella nobiltà verbale ed espressiva che non conosce uguali vertici drammatici tra i personaggi del teatro verdiano.

Sugli scudi il Gabriele Adorno di Francesco Meli. Occorre ripeterlo, il ruolo verdiano risulta davvero perfetto per la mirabile vocalità dell’intelligente artista che non perde occasione per cesellarlo a dovere con mezzevoci , giusto fraseggio ed acuta sensibilità teatrale confermandosi una delle vocalità tenorili più interessanti nel panorama internazionale contemporaneo.

Ottimo sotto ogni profilo anche il Paolo Albiani di Julian Kim in cui vocalità ed attenta teatralità espressiva procedevano strettamente congiunte con un esito davvero più che ragguardevole.

Completavano il cast: Luca Dall’Amico (Pietro), Roberto Menegazzo (Capitano dei balestrieri) e Francesca Poropat (Ancella di Amelia).

Il M° Myung -Whun Chung otteneva raffinate sonorità dall’Orchestra del Teatro La Fenice pur privandola di quell’ampiezza di respiro storico incernierata con il dramma umano dei caratteri così presente in partitura, concentrandosi piuttosto sulla linea melodica più evocativa e didascalica.

Sala gremita e gran successo di pubblico per tutti gli interpreti ed il Direttore.

Venezia,25/11/2014

SILVIA CAMPANA