LA MOSTRA DI SIRONI AL VITTORIANO DI ROMA

Composta e accogliente si snoda la mostra di Mario Sironi, una novantina di opere esposte provenienti dai principali musei italiani: la GNAM e la Galleria d’arte moderna di Roma ,Ca’ Pesaro e la collezione Peggy Gugghenheim di Venezia, il Mart di Trento e di Rovereto, la Pinacoteca di Brera e il Museo del Novecento di Milano, la Gam di Torino oltre a collezioni private.

Aperta dal 4 ottobre 2014 al l’8 febbraio 2015 in alcune delle stanze del Complesso del Vittoriano, la retrospettiva di uno dei più grandi maestri del Novecento, di cui si celebra il 130° anno dalla nascita, curata da Elena Pontiggia in collaborazione con l’Archivio Sironi di Romana Sironi, ricostruisce tutto il percorso artistico di Sironi, dalle prime esprerienze pittoriche giovanili alla ricerca di uno stile personale, fino alle amicizie e collaborazioni artistiche a cavallo tra il manifesto futurista e la successiva stagione novecentista e classica.

Il percorso, introdotto efficacemente da un breve ma esaustivo filmato che si sofferma sui nodi cruciali della vita di Mario Sironi e delle sue scelte artistiche, raccoglie opere di Sironi illustratore, autore di copertine di riviste e di pubblicità durante il periodo fascista e della collaborazione successiva con la Fiat, oltre che bozzetti preparatori per le grandi opere murali rispetto alle quali l’artista era particolarmente sensibile nella visione di un’arte non di nicchia o a pagamento ma aperta a tutti, con funzione sociale educativa.

Fondatore prima del movimento futurista con Marinetti, Balla e Boccioni, dei quali subisce l’influenza visibile nelle sue opere tra il 1915 e il 1920, si distacca poi per seguire un itinerario personale. Sollecitato dalla corrente metafisica di De Chirico e di Carrà, approda ad una visione ricca di citazioni neoclassiche cui segue un’osservazione attenta delle realtà architettoniche delle periferie, in un interrogarsi esistenziale intimista sulla solitudine dell’uomo da un lato e sul futuro civile dall’altro.

L’adesione al fascismo di Sironi sembra passare attraverso la lettura delle sue opere più come condivisione di ideali che come propaganda autocelebrativa e spesso il lirismo plastico dei suoi dipinti suggeriscono raccoglimento ed aspirazione ad alti ideali espressi nella sacralità di figure mitiche e di frammenti della cultura classica che riprendono busti od elementi architettonici.

Anche l’architettura esercita un fascino su Sironi, soprattutto come elemento di misura rispetto all’uomo: l’uomo e lo spazio, l’uomo e le grandi opere, la solitudine dell’uomo che si interroga in silenzio negli scorci di periferia, nel percorso dei tram sovrastato dagli enormi complessi residenziali, tema che lo vede impegnato negli anni ’50. Infine è la vastita dello spazio che incombe sull’uomo, nelle desolate immagini dei suoi quadri, assenti di vita e di natura che suggeriscono malessere esistenziale, la stessa tragica inquietudine che sfocerà nella sua ultima opera del 1961, Composizione (Apocalisse), a concludere un ciclo di tragiche premonizioni come quella del 1960 che descrive il suo funerale con poche persone al seguito del feretro come realmente fu.

Un percorso artistico strettamente intrecciato agli eventi e agli artisti di spicco dei primi decenni del ‘900, che ripercorre quindi un pezzo di storia ricco di sollecitazioni e di memoria.

Emanuela Dal Pozzo