“CHURCHILL” CONCLUDE IL GRANDE TEATRO AL NUOVO DI VERONA

GIUSEPPE BATTISTON in
WINSTON vs CHURCHILL 
di Carlo G. Gabardini
e con Maria Roveran
regia PAOLA ROTA Churchill incarna il primato della politica e umanamente è un eccesso in tutto: tracanna whisky, urla, sbraita, si lamenta, ma senza mai arrendersi, fuma sigari senza sosta, tossisce, detta ad alta voce bevendo champagne, si ammala, comanda ma ascolta, è risoluto ma ammira chi è in grado di cambiare idea, spesso lavora sdraiato nel letto, conosce il mondo ma anche i problemi dei singoli, ha atteggiamenti e espressioni tranchant, e battute che sembrano tweets:  “Gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre” Giuseppe Battiston incontra la figura di Churchill, la porta in scena, la reinventa, indaga il mistero dell’uomo attraverso la magia del teatro, senza mai perdere il potente senso dell’ironia  “Meglio fare le notizie che riceverle, meglio essere un attore che un critico” Di tutto questo parla il testo di Carlo G. Gabardini, che mostra Churchill in un presente onirico in cui l'intera sua esistenza è compresente e finisce per parlare a noi e di noi oggi con una precisione disarmante. 

Dopo il cinema (“L’ora più buia”, 2017, di Joe Wright, protagonista Gary Oldman, che si guadagnò l’Oscar 2018 quale migliore attore), ora anche il teatro si occupa di una delle grandi icone del Novecento, Winston Churchill (1874-1965), lo statista britannico che attraversò, condizionandolo, il devastante trentennio — 1915-1945 — segnato dalle due grandi guerre mondiali.

A rievocarne la figura pubblica e privata in veste scenica ha pensato Carlo Gabardini (1974), attore, scrittore e conduttore radiofonico, con la pièce, scritta apposta per l’attore veneto Giuseppe Battiston e prodotta da Nuovo Teatro per la regia di Paola Rota, “Winston vs Churchill”.

Lo spettacolo è attualmente in tournée per l’Italia, toccando anche Verona (12-17 marzo) dove lo abbiamo visto nella sala del Nuovo con il titolo “Churchill” a conclusione della rassegna “Il Grande Teatro”.

Il testo è steso in chiave leggera e onirica per un io narrante e agente, ipotizzando uno statista, ormai anziano e in precario stato di salute fisica, che fa i conti con i ricordi ingombranti del suo intenso passato e con i fastidi della sua presente quotidianità, spesso trovando nella zelante infermiera che lo accudisce il capro espiatorio del suo bizzoso e bizzarro carattere.

Cinico, misogino, dispotico, dedito agli eccessi dell’alcool e del fumo – un solitario che apprezza soltanto la compagnia del non meno riottoso gatto Joke – egli sente ormai incombente l’arrivo della morte. Quella che ha già ghermito la figlia suicida e le migliaia di soldati mandati da lui stesso in guerra. La domanda che lo assilla è: “Ho fatto del mio meglio?”.

La rievocazione storica e politica, come del resto quella privata, della figura di Winston Churchill e del suo operato emerge alquanto banale e retorica dal testo (per esempio non si tiene conto dei documenti della OSS/CIA dissecretati alla fine del secolo scorso e di studi importanti sull’Unione Europea quali quelli condotti da Christopher Brocker e Richard North, preceduti da Joshua Paul, e messi in evidenza da un giornalista del calibro di Ambrose Evans-Pritchard) mentre si dà ampio spazio alle battute e ai giudizi taglienti più celebri dello statista.

GIUSEPPE BATTISTON in
WINSTON vs CHURCHILL 
di Carlo G. Gabardini
e con Maria Roveran
regia PAOLA ROTA Churchill incarna il primato della politica e umanamente è un eccesso in tutto: tracanna whisky, urla, sbraita, si lamenta, ma senza mai arrendersi, fuma sigari senza sosta, tossisce, detta ad alta voce bevendo champagne, si ammala, comanda ma ascolta, è risoluto ma ammira chi è in grado di cambiare idea, spesso lavora sdraiato nel letto, conosce il mondo ma anche i problemi dei singoli, ha atteggiamenti e espressioni tranchant, e battute che sembrano tweets:  “Gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre” Giuseppe Battiston incontra la figura di Churchill, la porta in scena, la reinventa, indaga il mistero dell’uomo attraverso la magia del teatro, senza mai perdere il potente senso dell’ironia  “Meglio fare le notizie che riceverle, meglio essere un attore che un critico” Di tutto questo parla il testo di Carlo G. Gabardini, che mostra Churchill in un presente onirico in cui l'intera sua esistenza è compresente e finisce per parlare a noi e di noi oggi con una precisione disarmante. 

Dal punto di vista drammaturgico, invece, il copione bene si presta quale occasione per l’interprete protagonista di offrire una splendida prova d’attore.

Fisicamente perfetto nel ruolo, fiancheggiato da un’eccellente (anche quale vocalist) Maria Roveran e con l’ausilio di musiche d’epoca e di adeguati effetti sonori, Giuseppe Battiston domina con padronanza la scena: uno spazio circolare delimitato da luci — ideale ribalta per chi fu alla ribalta della storia — nel quale si accampa un’imponente poltrona, quasi un trono, con radio e telefono per comunicare con i potenti della terra e con chi umilmente e nascostamente opera sul campo; in disparte, un elegante tavolino d’epoca ospitante le numerose medicine che il protagonista non vuole prendere.

Passa dal drammatico al brillante e condisce con ironia quanto basta.

La prova di Battiston è sicuramente di alta professionalità, ma non abbiamo individuato, almeno in questa occasione, il carisma del mattatore.

Applausi convinti e scroscianti da un teatro esaurito.

Franca Barbuggiani

Visto il 12 marzo