“LE BARUFFE CHIOZZOTTE” AL TEATRO ROMANO DI VERONA. RECENSIONE.

baruffe6A omaggiare l’appartenenza veneta della città di Can Grande (ma su questo non tutti sono d’accordo, rievocando storie – e protostorie, anche etniche e linguistiche – passate; addirittura auspicando, per il futuro, accorpamenti regionali altri, visti come potenzialità — soprattutto economiche — di più ampio respiro) l’Estate Teatrale Veronese 2017, organizzata dal Settore Cultura del Comune scaligero, ha inserito nel calendario del Teatro Romano un testo goldoniano. In omaggio, questo sì, all’attuale incontestabile collocazione geoamministrativa della città.

La scelta è caduta su “Le baruffe chiozzotte” di Carlo Goldoni, un acquarello bonario e sorridente di popolino piccolo piccolo, pronto ad accapigliarsi con parenti e vicini, ma anche a superare liti e divergenze per una manciata di “bessi”, vuoi in forma di dote a qualche “puta”, o altro.

L’edizione presentata reca la firma, alla regia, di Paolo Valerio, consulenza storico-drammaturgica di Piermario Vescovo, ed è prodotta dal Teatro Stabile del Veneto-Teatro Nazionale in collaborazione con l’Estate Veronese. baruffe4

La scenografia, di Antonio Panzuto, tutta veli luminosi e chiari, a delimitare lo spazio dell’azione (un ideale “ring” per i “baruffanti”, ma con possibili aperture e modifiche ad evocare anche altri scenari citati) con piattaforme lignee grezze, elegantemente dialoganti con il candore del palcoscenico che alludono ai vari interni, sottolineando con i loro diversi livelli di altezza il censo di chi vi abita, e qualche seggiola qua e là che, quando non serve alla recita, ospita, come all’epoca, gli attori tra un’entrata e l’altra… ecco che uno si aspetta un Goldoni aereo e leggero, quasi una trina. Invece no.

Come entrano in campo gli attori, e dopo il preambolo coreutico di apertura (i movimenti di scena, di intento folk ma sostanzialmente affini allo spirito di accattivanti spot televisivi, sono di Monica Codena) ci si rende conto che prende vita una pièce chiassosa e urlata (soprattutto nel comparto maschile) dal sapore popolaresco alquanto greve, che a noi ha riportato alla mente echi ruzantiani; come il ritmo vorticoso, e in qualche momento un po’ arruffato, ci è sembrato rimandare a una qualche travolgente sceneggiata partenopea.

baruffe1Un Goldoni, comunque, decisamente virato al comico – dalla farsa alla caricatura – che si avvale di una affiatata coralità attorale: Giancarlo Previati, Michela Martini, Marta Richeldi, Francesco Wolf, Riccardo Gamba, Valerio Mazzucato, Stefania Felicioli, Francesca Botti, Margherita Mannino, Leonardo De Colle, Luca Altavilla, Piergiorgio Fasolo, Vincenzo Tosetto. Ciascun attore, peraltro, molto impegnato anche nei rispettivi ruoli individuali, con più calibrata misura da parte del drappello femminile. La dizione del dialetto è molto attenta e curata (spesso al limite del “birignao”) e si scopre come, nel chiozzotto, le doppie fossero più conservate che non nel veneziano coevo (proprio tante!).

I costumi, di Stefano Nicolao, sono filologicamente rispettosi, come i pochi ma appropriati oggetti di scena (tomboli e chiacchierini) e i gradevoli e discreti cambi a vista, scanditi, di scena in scena, dalle orecchiabili musiche di Antonio di Pofi.

Il pubblico ride di gusto, dall’inizio alla fine.

Franca Barbuggiani