MOZART E BEETHOVEN AL TEATRO FILARMONICO DI VERONA. RECENSIONE

Ancora un concerto di alto livello al Teatro Filarmonico di Verona, in occasione del sesto appuntamento della stagione sinfonica 2016-2017 organizzata da Fondazione Arena.

L’accattivante programma comprendeva due giganteschi pilastri della letteratura musicale di tutti i tempi, Mozart e Beethoven. Sul podio, lo svedese Ola Rudner, già più volte apprezzato sia nella stessa sede, sia al Teatro Ristori, sempre chiamato da Fondazione Arena.

Direttore attento e scrupoloso, che valorizza il dettaglio senza perdere la lucida visione dell’insieme, per il quale timbri e colori ravvivano con giusto equilibrio il quadro generale, Rudner ha condotto con ferma autorevolezza l’Orchestra della Fondazione, apparsa pregevolmente galvanizzata, precisa e compatta.

Bella la resa dell’ouverture dal “Don Giovanni” mozartiano, con la quale si è aperta la serata; coinvolgente e travolgente, nella sua essenziale blasonata tradizionalità, la monumentale e plastica beethoveniana Sinfonia n.3 op.55 in mi bemolle maggiore “Eroica”, che ha meritato a pieno titolo le ovazioni di un pubblico attento, preparato e bene educato all’ascolto.

Meritatissimo successo personale, inoltre, per la ventiquattrenne Leonora Armellini, solista nel Concerto per pianoforte e orchestra n.27 K.595 in si bemolle maggiore. Talento precocissimo, diplomata a soli 12 anni sotto la guida di Laura Palmieri (storica docente al Conservatorio “Dall’Abaco” di Verona ed erede della grande scuola di Arturo Benedetti Michelangeli) e quindi, a 17 anni, presso l’Accademia di Santa Cecilia, è, finora, l’unica donna italiana vincitrice, nel 2010, del Premio “Janina Nawrocka” al Concorso Fryderyk Chopin di Varsavia, “per l’eccezionale musicalità e bellezza del suono”. Qualità che hanno caratterizzato anche la sua performance al Filarmonico. Instaurando un’ottima intesa con l’orchestra, la Armellini si è calata con eleganza e “affettuosa” espressività nelle atmosfere settecentesche della pagina, sfoggiando una straordinaria meccanica, liquida e nitida, di gusto talora clavicembalistico, con un uso ben calibrato del pedale; non senza, peraltro, nell’ultimo movimento, qualche sprazzo al limite del romantico, forse quale grazioso omaggio a mondi futuri ormai alle porte.

Pubblico entusiasta e due bis fuori programma. Stavolta, di vigorosa estroversione: Prokofiev e Chopin.

Franca Barbuggiani