LA LETTURA SCENICA DI MARCO MARTINELLI “FARSI LUOGO. VARCO AL TEATRO IN 101 MOVIMENTI”. RECENSIONE.

valsamoggia 001Sabato 8 aprile , una giornata dedicata a diversi eventi e con ospiti del mondo del teatro che già vantano precedenti collaborazioni con il Teatro delle Ariette come Armando Punzo, regista della Compagnia della Fortezza di Volterra, che aveva già inaugurato in precedenza l’allora deposito attrezzi, o Massimo Marino critico teatrale che per l’occasione presenta il libro da lui stesso curato per le edizioni Titivillus“ Teatro delle Ariette. La vita intorno ad un tavolo”, per inaugurare ufficialmente il Teatro delle Ariette in località Valsamoggia ( Bologna), per cambio di destinazione d’uso del precedente deposito attrezzi.

Una piacevole giornata scaldata dal sole e arricchita da delizie gastronomiche in un clima informale ma non scevro di contenuti e di appuntamenti.

Noi abbiamo voluto essere presenti per l’interesse dell’avvenimento, rappresentativo di un modo di intendere il teatro fuori dai canoni classici istituzionali, in un luogo peraltro non facilmente raggiungibile ma al contempo motivante per il contesto naturale in cui è immerso, una sottolineatura di quanto l’arte possa essere parte integrante della vita stessa, come ci sembrano indicare gli attori/ agricoltori del Teatro delle Ariette.

Abbiamo in particolare assistito alla lettura del libro “Farsi luogo. Varco al teatro in 101 movimenti” di e con Marco Martinelli, noto attore e regista del Teatro delle Albe di Ravenna, che ha raccolto in poche pagine scandite da 101 punti una riflessione sintetica sul senso di fare teatro, preziosa espressione della propria esperienza congiunta ad una capacità di rilancio a tutto campo nell’oggi, nell’individuazione di tratti distintivi che diventano poetica ma anche etica e di cui oggi c’è quanto mai bisogno.valsamoggia 003

Una scelta quanto mai pertinente per aprire una giornata all’insegna di un teatro “che si fa luogo” e che si apre alla “comunità”.

Il pregio di quest’opera, di limpida chiarezza espositiva, di pregnanza e di profondità concettuale, che riesce finalmente pur nella semplicità a non ridurre la complessità, pone però, almeno a me, dei quesiti sulla sua reale comprensione, come a dire che le parole “ chiave” utilizzate in questo testo, apparentemente semplici e innocue possono essere comprese appieno solo da chi le ha già sperimentate nella concretezza del teatrare. Insomma una semplicità lessicale ricca di insidie e di profondità che inviterebbe ad una disamina/ confronto, soprattutto oggi in cui il teatro e la società sembrano andare in direzioni completamente diverse, un gioiellino di testo per addetti ai lavori e “ di nicchia” e che in altre mani potrebbe essere facilmente fagocitato e stravolto.

Se infatti molti dei contenuti proposti in questa lettura scenica non giungono nuovi a quanti hanno seguito il teatro di ricerca nei precedenti decenni, potrebbero ad una lettura superficiale a chi di teatro poco sa ,legittimare comportamenti faciloni e demagogici, soprattutto se di teatro in sé ( cosa è il lavoro dell’ attore) poco si parla.( Se ne parla in modo esemplare nel punto 101).

La motivazione/ urgenza democratica ideale di allora che si interrogava sull’indirizzo di una profondità di lavoro attoriale é ben diversa dal concetto di democrazia che spesso serpeggia oggi e che vorrebbe tutti attori e tutti sullo stesso piano,( “ siamo capaci tutti di fare gli attori, dateci uno spazio scenico, un microfono e un pubblico) complici il narcisismo dilagante da un lato, la superficialità e l’assenza di reali contenuti dall’altro.

Emanuela Dal Pozzo