ANDREA VITALI E LA SUA “ PREMIATA DITTA SORELLE FICCADENTI”

Ancora una volta ironico e stravagante lo stile con cui Andrea Vitali dispiega, come il mantice di una fisarmonica, le vicende di cui sono protagonisti i personaggi della “Premiata ditta sorelle Ficcadenti”, edito da Rizzoli nel 2014, pubblicato a poca distanza dall’altro romanzo “Quattro sberle benedette” edizione Garzanti.

Non si rimane indifferenti all’agilità con cui l’autore mette in scena (sarebbe il caso di dire “imbastisce”) la curiosa,aggrovigliata esistenza di due sorellastre, merciaie, che aprono a Bellano, paese natale dello stesso Vitali, una bottega in cui luccicano paillettes, accessori e soprattutto bottoni, oggetti dalle forme bizzarre, eredità creative del padre.

L’atmosfera, preludio del primo conflitto mondiale, avvolge il piccolo mondo di paese al quale lo scrittore ci ha abituati e che, nella moltitudine dei personaggi, è di velata memoria verghiana.

Come sempre risuonano nomi e nomignoli originali e stravaganti, legati a comportamenti e qualità fisiche. La giovane Ficcadenti, provocante e sensuale, labbra sporgenti, gambe lunghe, non può che chiamarsi Giovenca, mentre Stampina è la parrocchiana timorosa e devota, che si vede sottrarre dalla stessa le attenzioni di un figlio “un po’ tardo, il Geremia”. Costante la presenza del prevosto che, volendo aggiustare la situazione, non fa che peggiorare sorte e destino dei suoi parrocchiani. Scelta felice, benché storicamente collaudata (come dimenticare il pavido don Abbondio), l’accoppiata curato-perpetua perennemente in equilibrio tra sotterfugi e indiscrezioni, caratteristiche peculiari del piccolo paese di provincia.

Sono i segreti, le invidie degli altri negozianti e i pettegolezzi delle donne ad intrecciare un “raggiro” narrativo che trasforma la solita storia in una trama stuzzicante, dai contorni “gialli” alimentati da sospetti, supposizioni e paura di cambiamento.

Pur definendola una piacevole lettura, la frammentazione in numerosi, brevi capitoli rende un po’ singhiozzante il percorso espositivo, che di per sé presenta già l’intersecarsi di più episodi, struttura che tende a trascinare l’evolversi dei fatti e, a tratti, disorientare la memoria del lettore tra le pieghe di continue analessi e prolessi che rimbalzano da un personaggio all’altro.

Vitali, medico di base sulla sponda orientale del lago di Como, è un “racconta storie”, le stesse ascoltate tante volte dalla voce del severo padre e delle zie, e soprattutto stimolato dal “profumo lacustre” che emana ricordi ed attiva immagini e sensazioni necessarie a dare corpo e alito ai suoi romanzi, che sono davvero tanti. A breve, a fine ottobre, potremmo gustare la sua ultima pubblicazione “Biglietto, signorina”, edizione Garzanti.

Parecchi i premi e i riconoscimenti ottenuti dallo scrittore nell’ultimo decennio. Il suo primo lavoro è “Il procuratore”, ma il successo arriva più tardi con “Una finestra vistalago” che gli vale il Premio Grinzane Cavour nel 2004. Nel 2006 vince il Premio Bancarella col romanzo di grande diffusione “La figlia del Podestà”, mentre nel 2008 gli viene attribuito il Premio Boccaccio per tutta la sua produzione narrativa.

Vitali adora scrivere (da giovanissimo voleva intraprendere la carriera di giornalista), ma non rinuncerebbe mai alla sua professione, probabilmente perché è proprio all’interno dell’ambulatorio che incontra persone reali o verosimili che vanno poi ad incarnare i protagonisti dei suoi episodi.

Daniela Marani