LA MOSTRA “RAFFAELLO VERSO PICASSO- STORIE DI SGUARDI, VOLTI, FIGURE” ALLA BASILICA PALLADIANA DI VICENZA

L’interessante mostra “ Raffaello verso Picasso”- storie di sguardi, volti e figure, curata da Marco Goldin, direttore di Linea d’ombra, e promossa dalla Fondazione Cariverona, ospitata nella Basilica Palladiana di Vicenza, si avvia alla chiusura, dopo più di tre mesi di apertura, dal 6 ottobre 2012. La mostra ,che ha visto una considerevole affluenza di pubblico, con code nutrite all’ingresso, e che testimonia un’attenzione all’arte non solo da parte di addetti ai lavori, chiuderà infatti il 20 gennaio 2013.

Sviluppata in quattro sezioni, con una novantina di opere significative,spazia dai principali esponenti del 1400 fino a fine 1900, a raccontare attraverso gli sguardi, i volti e le figure raffigurate nelle tele, quattro temi fondamentali: il sentimento religioso, la nobiltà del ritratto, il ritratto quotidiano e lo sguardo inquieto del ‘900.

Si comincia con le tele di Andrea Mantegna, di Lorenzo Lotto, di Filippo Lippi, del Bellini, in madonne con il bambino a confronto, spesso circondate da santi, in cui gli sguardi delle Madonne e dei Bambini in grembo, rimandano a sentimenti di maternità e di tenerezza, anche se non mancano gli elementi di rottura della tradizione, attraverso ad esempio la raffigurazione della “Vergine col bambino” del Bramantino (1485/90), in cui si percepisce l’assenza di ogni sentimentalismo ed un atteggiamento anti canonico anche nella descrizione dello sfondo naturale.

La seconda sezione si occupa invece del ritratto, tema che dominerà la cultura delle corti dal 1400 al 1600, impegnata ad immortalare personaggi altolocati e famiglie importanti. E’ di Peter Paul Ribera il “ritratto dell’Arciduca Ferdinando” ( 1635), di Diego Rodriguez de Silva Y Velasquez quello di “Filippo IV Re di Spagna” (1630), di Tiziano Vecellio il ritratto del “Doge Marcantonio Trevisano” (1553), del Bellini il ritratto del “Doge Pasquale Malipiero” (1460).

Veniamo quindi introdotti al ritratto quale genere più apprezzato dell’arte rinascimentale, con autori rappresentativi come Lucas Cranach il Vecchio e Hans Holbein il Giovane, e in Germania da Albrecht Durer, in mostra presente con un interessante “ Ritratto di giovane”, rimasto sconosciuto nella reale identità, genere poi ancora presente, seppur con modalità pittoriche e filosofie diverse, in autori impressionisti come Monet (“ Camille con il suo cane” (1866)e Manet ( “Lezione di musica” 1870), che ritrae l’amico pittore e scrittore Zacharie Astruc in compagnia di una giovane sconosciuta. Interessante in quest’ultimo la mancanza di gerarchia di valori nel quadro: tutto è dipinto in primo piano e ogni particolare del dipinto sembra avere uguale valore.

Ancora due tele con sguardi a confronto nella sala successiva: il Pontorno “ Ritratto di due amici” (1521-24) e Edgar Degas (1865) con i ritratti di Edmond e Therese Morbilli, il primo con uno sguardo “interiore” che rimanda a qualità dell’anima, il secondo aperto, rivolto all’esterno.

Seguono alcuni capolavori di Courbet, Gauguin con tele di paesaggi bretoni ,e che dichiara nei propri scritti di amare quella terra perchè selvaggia e primitiva, un Renoir che al volgere degli anni ’80 prende distacco dalla pittura impressionista per delineare il segno con maggiore precisione, sia per i protagonisti che per i personaggi nello sfondo.

La quarta e ultima sezione è interamente dedicata agli autoritratti del ‘900, ricchi di inquietudine, a cominciare da quello di Van Gogh del 1887/8, con un malessere espresso non solo dalla caratteristica pennellata ma anche dalla gamma cromatica, ad uno degli ultimi di Cezanne, che si ritrae con il basco, divisa da lavoro, ad identificarsi completamente con la sua professione, come dichiara nei propri scritti che firma col nome di pittore, in una sorta di testamento di eredità spirituale, fino a Bonnard (1945) che concentra completamente l’attenzione su di sé: e si ritrae con due fessure vuote al posto degli occhi, come a presagire il passaggio dalla presenza all’assenza.

Seguono le opere di Munch “ Sogno di una notte d’estate” (1893) dal sapore ibseniano dirà la critica, ricco di teatralità, di senso dell’attesa, di meraviglia e di silenzio dell’anima, ancora Van Gogh, poi Giacometti, Nolde, Picasso, Matisse, Modigliani, fino al realismo di Antonio Lopez Garcia, la cui ricerca è tesa a cercare la verità nell’apparenza, rintracciando negli sguardi e nei corpi il linguaggio dell’anima e del tempo, Francis Bacon (1985) e infine Andrew Wyeth, che racconta la sospensione dell’essere mentre guarda verso la luce, e che riprende corpi nella sofferenza e nel pallore della malattia.

Emanuela Dal Pozzo