INEQUILIBRIO FESTIVAL DI CASTINGLIONCELLO. REPORT 29 E 30 GIUGNO 2019

YORICK RELOADED. UN AMLETO DAL SOTTOSUOLO

Leviedelfool - Yorick Reloaded - Armunia Inequilibrio 22 - Foto di Daniele Laorenza-20

Castiglioncello. Il sabato si apre con una versione reloaded del lavoro che Le Vie del Fool hanno dedicato alle figure di Yorick e Amleto – scritta, diretta e interpretata da Simone Parrinello.

Il testo del Bardo è, quindi, smontato e rimontato in funzione del personaggio di Yorick, il buffone di corte del quale si accenna nel testo originale (scena I, atto V) quando se ne ritrova il teschio, e che qui diventa il pazzo che, come il fool del Lear, riesce a vedere la realtà e a raccontarla sinceramente in tempi in cui il potere vorrebbe imporre il silenzio, rileggendo la storia di Amleto non solamente attraverso la lente della follia saggia (seguendo, in questo, l’esempio che da Erasmo arriva fino a Foucault) ma anche della morte (più che falciatrice, demistificatrice), che presto accoglierà in un unico abbraccio Yorick, Ofelia e lo stesso Amleto

L’affastellarsi delle citazioni anche colte e il pastiche letterario funzionano, però, fino a un certo punto. Il testo drammaturgico si perde in rivoli di nonsense e rimandi che spesso sfuggono. Una maggiore asciuttezza non guasterebbe in un lavoro che, a livello scenotecnico e attorale è, al contrario, molto pregnante.

Bella la scena iniziale nella vasca da bagno che rimanda inevitabilmente a La morte di Marat di Jacques-Louis David.

LA BEFFA, LA CENA: UN DUELLO DI PAROLE

Antonella Questa & Luca Scarlini - La Beffa, la Cena. Un Duello di Parole - Armunia Inequilibrio 22 - Foto di Daniele Laorenza-12

In seconda serata, nell’anfiteatro di Castello Pasquini, Luca Scarlini e Antonella Questa presentano una lettura drammatizzata che, partendo da La cena delle beffe – il film originale per la regia di Alessandro Blasetti, con Amedeo Nazzari e Osvaldo Valenti – racconta (come di consueto in Scarlini) la vita di un personaggio di talento ormai dimenticato. In questo caso, l’autore teatrale Sem Benelli.

Il lavoro si sofferma principalmente sulla denuncia di Mussolini che Benelli fece in Parlamento, dopo l’assassinio Matteotti, e delle conseguenze che il suo atto politico e la sua presa di posizione etica ebbero. Ossia, la persecuzione fascista che, sebbene non lo colpì direttamente, a livello fisico, gli impedì nella pratica di continuare a essere rappresentato; e, soprattutto, la censura fascista che, se controllò per un ventennio la produzione artistica, intellettuale, letteraria e giornalistica nel nostro Paese, si accanì quasi ridicolmente contro di lui (come dimostrano i tagli al copione de L’Elefante).
In caso qualcuno pensi che l’argomento sia ormai superato, basti pensare ai tanti giornalisti e artisti (ultimi, in ordine di tempo, Donato Ungaro e Marco Martinelli, querelati per lo spettacolo Saluti da Brescello dall’ex sindaco Ermes Coffrini), che si vedono costretti ogni giorno all’autocensura per non finire sotto le forche caudine delle querele soprattutto civili, per capire come la libertà di stampa, di parola e di espressione siano sempre a rischio – in ogni tempo e luogo.

CIRCO CAFKA

Roberto Abbiati - Inequilibrio 22 - foto di Antonio Ficai -10

Domenica mattina un’ultima visione prima della partenza. Nella raccolta Sala del Camino di Castello Pasquini va in scena una replica straordinaria dello studio di Circo Kafka.

Buona l’interpretazione di Roberto Abbiati, in grado di destreggiarsi sul palco per circa mezz’ora senza l’uso della parola, interpretando un sopravvissuto da distopia post-futurista nella quale si avvertono elementi e suggestioni letterarie che possono farsi risalire a La guerra invernale nel Tibet di Friedrich Dürrenmatt, Finale di Partita di Samuel Beckett e, ovviamente, Il Processo di Franz Kafka.
Ci troviamo di fronte a un sopravvissuto, un militare, un giudice e persino a un macellaio/boia che, alla fine, dovrà uccidere non si sa se l’unico altro da sé ancora presente o l’umanità sopravvissuta in lui stesso. Il tempo, scandito dall’accendersi e spegnersi della lampadina sul letto, passa grazie a una serie di escamotage che l’uomo s’inventa forse per non impazzire: suonare uno strumento, cambiarsi d’abito, immaginarsi piccole incombenze o feroci atti di giustizia – che lo rassicurano su un proprio ruolo in un mondo ancora esistente.
A metà performance, come usuale in Claudio Morganti (che ne firma la regia), vi è la ricerca di quel qualcosa che deve necessariamente attuarsi tra coloro che abitano la scena, in questo caso Abbiati e il bravissimo tecnico e musicista, Johannes Schlosser.

Il momento di verità è però retorico e non aggiunge nulla a quella mancanza di quarta parete, dichiarata fin dall’inizio grazie alla compresenza sulla scena di interprete e tecnico.
Funzionali le scene, precise le luci. Eppure non passa nulla. Tra performer e spettatore dovrebbe crearsi una qualche forma di comunicazione, empatica o intellettuale. Al contrario, forse a causa di una costruzione drammaturgica che non è in grado di creare un autentico climax per il momento dell’esecuzione – vera o simbolica che sia – lo spettacolo gira un po’ a vuoto. L’angoscia resta latente – affidata più al contesto che al testo (inteso, qui, come gestualità e costruzione dell’azione) – e alla luce emerge la retorica del falso abbattimento della quarta parete.
Simona M. Frigerio

Visti a Inequilibrio Festival, Castiglioncello, sabato 29 e domenica 30 giugno 2019