LA TEMPESTA DI SHAKESPEARE SECONDO DE FUSCO AL TEATRO ROMANO DI VERONA. RECENSIONE.

021 (1)La tempesta” di Shakespeare, , produzione del Teatro Stabile di Napoli- Teatro Nazionale con Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival 2019 e Teatro Nazionale di Genova, con la regia di Luca De Fusco e la traduzione di Gianni Garrera, in scena al Teatro Romano di Verona il 28 e il 29 giugno 2019, apre l‘Estate Teatrale Veronese e il 71° Festival Shakespeariano.

Una libera rilettura questa di De Fusco che condensa l’intera vicenda nell’isola in cui il protagonista è confinato, all’interno di una biblioteca, in cui Eros Pagni, nelle vesti di Prospero, con l’aiuto della magia dà vita a tutti i personaggi shakesperiani, così come un burattinaio muove i fili delle proprie marionette.

E anche al teatro di figura si ispirano le scene migliori di questa messa in scena, pensata come un teatrino di burattini gigante, dall’alto del quale e attorno al quale si animano personaggi surreali e caricaturali, sospesi in un tempo indefinito, frutto della percezione della mente che ne può dilatare l’azione a proprio piacimento, effetto fascinoso creato da un movimento danzato su un nastro trasportatore, i cui caratteri vengono sottolineati dai ritratti sullo sfondo della biblioteca e che imprevedibilmente si animano in una sorta di allucinazione visiva, grazie all’aiuto del fedele Ariel, spiritello devoto al servizio di Prospero, ottimamente interpretato da Gaia Aprea, anche nei panni del lamentoso e malefico Calibano.

Una splendida scenografia ( scene e costumi di Marta Crisolini Malatesta) ricca di suggestioni, -con installazioni video di Alessandro Papa e disegno luci di Gigi Saccomandi- strada che se perseguita fino in fondo avrebbe potuto diventare anima e firma dello spettacolo.091 (1)

Un vero peccato a nostro avviso perchè la pecca di questa messa in scena ci è parsa proprio l’abuso di linguaggi, in un calderone del “tutto è possibile grazie all’immaginazione” che non ci ha convinti, né ha saputo giustificare dal punto di vista filologico o di necessità l’evocazione di una Giunone “alla Marilin Monroe” improbabile (Alessandra Pacifico Griffini) o della lunga gag napoletana (omaggio campanilistico?) certamente ben interpretata da Alfonso Postiglione (Trinculo) e Gennaro De Biase ( Stefano) ma dai toni marcatamente volgari, probabilmente allusiva ad un’antica commedia dell’arte avulsa dal proprio contesto, se non forse un’intenzione ammiccante nei confronti del pubblico.

La stessa presenza scenica di Eros Pagni, fedele ad una tradizionale recitazione ben portata e senza scosse, riportando il tutto alla normalità, come un censore che stabilisce il confine tra il lecito e l’illecito, tende ad appiattire ed invalidare le esuberanze dei diversi protagonisti, mentre l’amore adolescenziale di Miranda (Silvia Biancalana) e del Principe Ferdinando (Gianluca Musio) evoca quello tra un Romeo e Giulietta stereotipati.

Anche l’idea di fondo di ambientare la vicenda in una biblioteca, luogo di studio principe di qualsiasi autore sarebbe stata in sé suggestiva e avrebbe potuo presentare un qual fascino letterario; la biblioteca avrebbe potuto essere una sorta di tempio inviolabile, seguendo le indicazioni dello stesso De Fusco che descrive gli scrittori/autori quali artefici delle proprie creazioni, intellettuali che tutto possono attraverso le proprie creazioni letterarie, universi di appagamento di ogni desiderio compreso quello di vendicarsi dei propri nemici, ma lo sgretolarsi della biblioteca durante lo spettacolo, le pagine divelte, i libri rovinosamente a terra per opera degli spiriti evocati, non inducono a sentimenti di venerazione letteraria, nonostante le premesse.

In conclusione uno spettacolo ricco di input (troppo), con un bell’accompagnamento musicale (musiche originali di Ran Bagno), ricchissimo di immagini e arricchito dalle coreografie di Emio Greco e Pieter C. Scholter e con un bel cast attoriale: Alessandro Balletta (Francisco), Paolo Cresta (Sebastiano),Carlo Sciaccalunga ( Alonso), Francesco Scolaro (Adriano), Paolo Serra (Antonio), Enzo Turrin (Gonzalo), cui , dal nostro punto di vista è mancata una scelta di regia convincente di fondo.

Ampi apprezzamenti da un nutrito pubblico.

Visto il 28 giugno 2019

Emanuela Dal Pozzo