IL SERPENTE, L’ORIGINALE SPETTACOLO DEL TEATRO LABORATORIO, AL CAMPLOY DI VERONA

il serpenteUna bella sfida di regia la nuova produzione teatrale “Il serpente”del Teatro Laboratorio in scena al Teatro Camploy di Verona il 17 maggio 2019, in chiusura della Rassegna L’Altro Teatro.

Tratto dall’omonimo romanzo di Luigi Malerba, edito da Editore Mondadori e adattato teatralmente da Francesco Laruffa che ne firma la regia con Isabella Caserta e con la quale lo interpreta, già implicitamente invita alla sperimentazione, non foss’altro per la dichiarazione d’intenti sottesa dello stesso autore Malerba, in quanto appartenente al neoavanguardista Gruppo’63, insieme a Umberto Eco e Edoardo Sanguinetti, formazione incline alla sperimentazione di nuovi linguaggi.

Il serpente racconta di una vicenda umana paradossale, ambientata in una Roma degli anni ’60, della piatta vita di un commerciante di francobolli talmente povera di calore e di rapporti umani da vivere all’interno di una dimensione onirico allucinatoria nella quale la mente inventa personaggi, azioni, relazioni.

Aldilà dell’originalità dello spettacolo, che in modo interessante ci invita a riflettere sul confine sottile tra realtà soggettiva ed oggettiva, tema oggi quanto mai pertinente, in un momento che ci vede sempre più sprofondare nelle nostre solitudini esistenziali, nonostante il moltiplicarsi dei “social”, ci sembra che la sfida più importante nella realizzazione di questo lavoro si sia posta alla regia.

Si avverte nello spettacolo una particolare attenzione alla scelta dei linguaggi, che senza tradire il testo originale di Malerba, potesse al contempo superarlo risultando trasversale allo scorrere del tempo.

Come quindi, mantenendo l’ambientazione storica del periodo, non cadere in clichè immediatamente riconoscibili di effetto immediato, rischiando di circoscriverlo a fatto privato e unico? Come rendere al contrario grottescamente attuale questo testo, oggi, era dei social? Come inoltre non svelare la verità per tutto lo spettacolo, mantenendo una certa suspence e rendendo credibile la doppia vita del protagonista?

Pochi tratti essenziali collocano il racconto: un’auto d’epoca e qualche oggetto di scena, mentre le immagini di strada di una Roma affacendata d’allora scorrono a tratti a tutto campo inghiottendo la vita del protagonista, tra le più suggestive canzoni del periodo, a tratti venate d’ironia.

Ci sembra però che la risposta più efficace a queste sollecitazioni ce la dia in buona parte la scelta interpretativa di Laruffa, attenta ad esternare, anche esagerando i propri stati d’animo che sembrano fluire liberi e inconsapevoli, senza distinzione tra intenzione, pensiero ed azione, snodandosi lungo un unico piano e spiazzando lo spettatore attento che solo alla fine, a verità svelata, ritroverà il senso del tutto.

Un Laruffa a proprio agio e padrone della scena, accompagnato dalle brevi apparizioni di una Isabella Caserta ammaliatrice.

Pensiamo anche che, come successo per altre produzioni del Teatro Laboratorio/Teatro Scientifico, per la scelta di percorsi meno ovvi e scontati, lo spettacolo potrebbe dividere il pubblico, peraltro favorevolmente colpito nella serata del 17.

Emanuela Dal Pozzo