Il 27 maggio 2016 alle ore 19 dalla Galleria d’Arte “La Vetrina “di Desenzano del Garda ha inizio il walkabout condotto da Carlo Infante e promosso dall’Associazione Culturale “ Traiettorie- Cultura in Movimento” tra le strade del centro storico di Desenzano: “Due -tre passi su ciò che sappiamo della bellezza” .
La passeggiata con cuffie wi fi per permettere una connessione/relazione in tempo reale tra i partecipanti, definiti spesso da Carlo Infante in questo suo particolare format (“sciame intelligente”) e che incrocia lo sguardo al e nel territorio con uno più ampio che immette le identità singole in una connessione collettiva ( “piedi per terra e testa nel cloud”), si snoda per qualche centinaio di metri e dura poco più di un’ora.
Tante le sollecitazioni a tutto campo, nodi cruciali quasi casuali lanciati come sassi, piccole provocazioni ad interrogarci su noi stessi, le nostre convinzioni, a far emergere differenze e consonanze finchè” la bellezza” declinata dal Castello rivolti verso Sirmione, attraverso le rime di Catullo, diventa l’eco di un solo suono in cui la metrica latina si fonde con la nostra lingua.
Bella intuizione, ricca di piacere estetico all’ascolto e capace di condensare in un momento secoli di storia.
Nel saliscendi che precede e segue veniamo attraversati dalle testimonianze storiche, guidati da Giuseppe Tosi nato e vissuto in questo territorio, che si ferma quando un dettaglio riporta alla luce brandelli d’infanzia: un angolo particolare che conservava le immagini di tre Marie ora perse, o quando Claudia Farina nel Duomo ci guida verso una splendida Maddalena in ombra, ( un accenno ai Catari)dimenticata lì e in cerca di degna destinazione, o quando ci soffermiamo presso i resti della Villa Romana, o a leggere una targa che ricorda il passaggio di Giuseppe Garibaldi.
Incontriamo gli abitanti, le testimonianze del presente.
Veniamo accolti nel negozio di oggetti di design di via Castello “ Sound Light Designer “e scherziamo con il simpatico gestore Roberto degli oggetti inutili presenti: una ciliegia gigante nemmeno adatta come sedia: il picciolo le impedisce di assolvere a questa funzione, o la fiamma di un fuoco che non scalda; entriamo nella casa “ poetica” di Valentina e nella sua camera: piccolo mondo a sé pieno di bambole; veniamo cacciati invece dal ristorante nella stessa via nel quale entriamo perchè sedotti dalle evidenti tracce del passato presenti nell’antico muro esterno: siamo troppi, disturbiamo, inquietiamo, non siamo utili (si capisce subito che non siamo lì per mangiare); al contrario siamo imprevedibilmente invitati ad entrare nella cantina/pub di quello della via parallela nel quale ci sorprende la scritta all’ingresso: “...non ci sono luoghi sacri, né persone sacre ma solo istanti sacri” ( Buddah). Sarà premiato dal nostro ritorno come clienti a tarda sera, dopo cena. E questi “assaggi” ci illuminano sulla diversa disponibilità del presente, sulla necessità di creare sinergie in questo come in altri territori, sempre più minati da reciproche ostilità e competizioni, da individualismi e prese di posizione talvolta nemmeno consapevoli o motivate.
Sempre camminando ci si interroga sui richiami del luogo e dei luoghi nuovi in genere. Non è evidente, ancora non è un processo svelato e consapevole, ma ci si sta confrontando sull’abbraccio o meno della conoscenza, così come cita la scritta sulla vetrina della Galleria d’Arte : “ Questo spazio è…..per chi abbraccia la vita che passa per strada”.
Qualcuno ricorda come la parola “cafone” ( caa- fune) indichi proprio il forestiero, quello che viene dalla campagna, quello che non conosce e che quindi si perderebbe senza l’aiuto di una fune cui stare legato agli altri nell’attraversamento della nuova città: altra bella e forte immagine che ci restituisce una conoscenza condivisa.
Si smussano così anche le asperità di un territorio solo apparentemente dolce, in un suo declinare verso il lago con brusche salite e meandri tortuosi che improvvisamente aprono ad orizzonti blu spettacolari. Un po’ come la lettura stratificata di ciò che vediamo, solo apparentemente lineare, in cui convergono tempi, storie, identità diverse che ci permetterebbero lo scavo in un pozzo senza fondo, solo avendone il desiderio e il tempo. E’ uno scavo che presuppone il superamento dei filtri finti, artificiosamente enfatizzati in chiave turistica. Si parla di svelamento di verità, di abbattimento di muri, di un desiderio di andare oltre.
I walkabout di Carlo Infante sono così, un apparente zigzagare nella fiducia che qualsiasi sasso od inciampo sveli qualche verità. Non può essere diversamente, non c’è nulla di artificioso, solo segmenti della nostra storia, così come non ci sono risposte giuste o sbagliate durante l’articolato percorso fatto di interviste quasi casuali, domande a bruciapelo, associazioni impreviste o mancati appuntamenti. Tutto è nel fluido divenire e acquista peso solo nella consapevolezza di ciascuno.
Ma soprattutto la passeggiata introspettiva lascia segno nelle parole a posteriori di Antimo Pappadia uno dei partecipanti: “Quante volte ieri ho sentito Carlo Infante formulare la domanda “Che cos’è la bellezza?” cercando inutilmente una risposta originale.Tutte le definizioni che hanno attraversato la mia mente mi riconducevano alle opere di Platone, Aristotele, Kant, talvolta mi venivano in mente Plotino, Benedetto Croce, ma nessun pensiero era libero da ciò che era già stato detto, scritto o ampiamente rappresentato. Stanotte ho sognato un bambino che correva in un bosco con in mente la sua compagna di banco… Ecco, è così che si è delineata una nuova prospettiva del concetto di bellezza. La bellezza è crescita. Un bimbo che cresce è bellezza, un prato che germoglia è bellezza, la conoscenza che si arricchisce è bellezza, una società che migliora è bellezza, l’amore che si infiamma è bellezza……”
Si termina a cena a Desenzanino, ristorante con spettacolare vista lago, gestito dalla Cooperativa “La Cascina” che forma ed assume disabili, assaggiando l’olio degli ulivi di Sirmione, di loro produzione e socializzando con il personale, ricco di professionale umanità.
Emanuela Dal Pozzo