LA STAGIONE 2014/2015 AL NUOVO DI VERONA.

Autori intramontabili appartenenti a nazionalità ed epoche diverse come Molière, Anton Cechov, Luigi Pirandello, Eduardo De Filippo e Tennessee Williams accostati a drammaturghi dei giorni nostri come Daniel Glattauer, Eric-Emmanuel-Schmitt e Domenico Starnone. Il passato letterario-teatrale più prestigioso e l’attualità del presente sono uniti e messi a confronto nella stagione 2014-15 del Grande Teatro, rassegna di prosa organizzata dal Comune di Verona con Unicredit come main partner, con il contributo della Provincia di Verona e in collaborazione con il Teatro Stabile di Verona.

La ventinovesima edizione, che inizia martedì 25 novembre per concludersi domenica 29 marzo, si articola in otto spettacoli – con sei recite ciascuno, dal martedì alla domenica al Teatro Nuovo – scelti in base al criterio che da sempre anima la rassegna: proporre al pubblico un variegato ventaglio di spettacoli che consentano di conoscere il teatro, le sue tematiche, la sua evoluzione nel tempo, ferme restando la qualità che caratterizza ogni allestimento e la bravura degli interpreti.

Ecco allora che il Novecento punta su classici come Enrico IV di Luigi Pirandello, Sogno di una notte di mezza sbornia di Eduardo De Filippo, La gatta sul tetto che scotta di Tennessee Williams. E se Il giardino dei ciliegi di Anton Cechov, datato 1904, ci riporta agli albori del ventesimo secolo, con Don Giovanni di Molière siamo in pieno Seicento. Sin qui il passato. Il presente propone invece un interessantissimo “tris” di autori viventi: l’austriaco Daniel Glattauer con Le ho mai raccontato del vento del Nord, il belga Eric-Emmanuel Schmitt con Il visitatore e l’italiano Domenico Starnone con La scuola.

Titoli importanti, dunque, e interpreti di talento. Quest’anno tornano sul palcoscenico del Nuovo attori che il pubblico ha apprezzato negli anni scorsi come Franco Branciaroli, Luca De Filippo, Silvio Orlando, Alessio Boni, Alessandro Haber, Alessandro Preziosi, Paolo Valerio, Gaia Aprea e Carolina Rosi. Non mancano però le new entry come quelle, sul fronte femminile, di Chiara Caselli e Vittoria Puccini e, su quello maschile, di Vinicio Marchioni, tre artisti che si dividono, con uguale successo, tra teatro, cinema e tivù.

Il primo spettacolo del Grande Teatro è un classico: Enrico IV di Luigi Pirandello in scena da martedì 25 novembre (alle 20.45) a domenica 30 (recita pomeridiana) con Franco Branciaroli nel duplice ruolo di protagonista e regista dell’allestimento proposto dal CTB Teatro Stabile di Brescia in collaborazione con il Teatro degli Incamminati. È la prima volta che il grande attore milanese si misura con Pirandello. Per l’occasione, ha scelto quello che, assieme a Sei personaggi in cerca d’autore, viene considerato il capolavoro teatrale del grande drammaturgo siciliano. Protagonista della storia è un nobile che, durante una cavalcata in costume nei panni di Enrico IV, (l’antico imperatore di Germania) cade da cavallo, batte la testa e diventa pazzo al punto da credere d’essere davvero il personaggio che stava interpretando. In realtà non è stato un incidente. A farlo cadere da cavallo è stato Belcredi, suo rivale in amore, che gli contende la mano di Matilde Spina. Dopo l’incidente, Belcredi sposa infatti Matilde. A distanza di parecchi anni, Enrico guarisce, intuisce la verità e si prende la rivincita su Belcredi. Ma la sua vendetta rischia di rovinargli completamente la vita. Meglio allora rifugiarsi per sempre nella pazzia.

Dopo Pirandello, un altro classico: Il giardino dei ciliegi di Anton Cechov (in programma dal 16 al 21 dicembre) proposto del Teatro Stabile di Napoli e dal Teatro Stabile di Verona. Protagonista, nel ruolo dell’aristocratica Ljubov’ Andreevna Ranevskaja, Gaia Aprea per la regia di Luca De Fusco. Si rinnova dunque il sodalizio Aprea – De Fusco che li ha visti in scena, tra gli altri, in testi di Carlo Goldoni, Molière e John Ford. Scritto tra il 1901 e il 1903 e rappresentato per la prima volta nel gennaio 1904 a Mosca, Il giardino dei ciliegi è l’ultima opera di Cechov che sarebbe morto di lì a poco, nel luglio 1904, di tubercolosi a quarantaquattro anni. Dopo un lungo soggiorno all’estero, passato nel lusso assieme all’amante dilapidando tutti i suoi averi, l’aristocratica Ljubov’ Ranevskaja torna a casa e trova una situazione patrimoniale disastrosa che la costringe a mettere all’asta l’antico edificio di famiglia e il meraviglioso giardino che ne fa parte. Lopachin, giovane e ricco commerciante, figlio di un ex servo di Ljubov’, le consiglia di abbattere i ciliegi e lottizzare il giardino, destinandolo alla costruzione di villette. Sia Ljubov che il fratello Gaiev rifiutano la proposta ma ben presto non avranno alternative.

Il 2015 si apre all’insegna di Eduardo De Filippo e del “suo” Sogno di una notte di mezza sbornia, in programma dal 13 al 18 gennaio, con Luca De Filippo protagonista, con la regia di Armando Pugliese e con la produzione di Elledieffe. Scritto nel 1936 e liberamente tratto dalla commedia La fortuna si diverte di Athos Setti, questo Sogno parla di… sogni appunto, ma anche di superstizione, vincite al lotto e credenze popolari di un’umanità triste che, solo aggrappandosi a queste cose, riesce a immaginare un futuro migliore del presente.

Reduce dal 57° premio “Renato Simoni per la fedeltà al teatro di prosa” assegnatogli lo scorso luglio al Teatro Romano, Luca De Filippo impersona Pasquale Grifone, povero facchino con il vizio del bere. Le continue bevute lo portano a fare sogni strani in cui riceve la “visita” di Dante Alighieri che gli suggerisce quattro numeri da giocare al lotto. Ma questi numeri hanno un rovescio della medaglia: rappresentano anche la data e l’ora della sua morte. Pasquale li gioca e vince una bella somma ma la sua gioia è di breve durata perché l’ombra della morte imminente si insinua ogni giorno di più nella sua mente…

Con il quarto spettacolo si volta pagina e si passa ai giorni nostri: il Teatro Stabile di Verona propone infatti il più celebre testo di Daniel Glattauer, scrittore e giornalista austriaco poco più che cinquantenne. Si tratta della trascrizione teatrale della sua opera più nota – Le ho mai raccontato del vento del Nord (oltre settecentomila mila copie vendute in Germania e tradotto in varie lingue) – in calendario dal 27 gennaio all’1 febbraio. Ne sono protagonisti Chiara Caselli e Paolo Valerio che si propone nel doppio ruolo di interprete e regista. La commedia racconta l’amore al tempo di Internet. Grazie a una e-mail inviata all’indirizzo sbagliato, due perfetti sconosciuti entrano in contatto iniziando un’amicizia giocosa che ben presto diventa qualcosa di più forte. Lei è Emmi, trentaquattro anni, sposa e madre irreprensibile; lui è Leo, psicolinguista, reduce dall’ennesimo fallimento sentimentale. Pur non essendosi mai visti, i due riescono a conoscersi profondamente. Quale sarà il loro destino? Presentato con successo in prima assoluta al Festival di Napoli, questo spettacolo vede il debutto a Verona di Chiara Caselli, attrice che ha alle spalle un grande curriculum cinematografico avendo lavorato, tra gli altri, con Citto Maselli, Gus van Sant, Peter Del Monte, i fratelli Taviani, Michelangelo Antonioni, Francesco Nuti e Liliana Cavani.

Di un altro autore dei giorni nostri, il belga Eric-Emmanuel Schmitt (di cui in passato, per il Grande Teatro, sono state rappresentate Variazioni enigmatiche con la coppia Glauco Mauri – Roberto Sturno e Piccoli crimini coniugali con Paolo Valerio ed Elena Giusti) sarà proposto Il visitatore. La pièce è in calendario dal 10 al 15 febbraio per la Golden Art Production. Ne sono interpreti Alessandro Haber e Alessio Boni (assieme a Francesco Bonomo), che nel marzo 2013 interpretarono, a Verona sempre per Il Grande Teatro, Art di Yasmina Reza in cui erano affiancati da Gigio Alberti. Firma la regia Valerio Binasco, che lo scorso luglio ha portato al Teatro Romano un riuscito allestimento del Bugiardo di Goldoni.

Il visitatore è ambientato nel 1938 in un’Austria da poco annessa di forza al Terzo Reich. Vienna è in mano ai nazisti e gli ebrei sono perseguitati ovunque. Nel suo studio, Sigmund Freud (Haber) attende notizie della figlia Anna, portata via da un ufficiale della Gestapo. Improvvisamente giunge nello studio un misterioso visitatore (Boni) che si mette a conversare con Freud su varie questioni. Chi è quell’uomo e cosa vuole? Ben presto Freud sospetta di avere di fronte nientedimeno che…Dio, quel Dio di cui lui non ammette l’esistenza. E se invece di Dio, fosse un pazzo che crede di essere Dio?

Con Domenico Starnone, autore italiano riconosciuto come il capostipite di quel filone scolastico che, dalla letteratura, è sfociato con successo nel cinema e in tivù, restiamo ai giorni nostri. È di Starnone La scuola in programma dal 24 febbraio all’1 marzo proposta dal Teatro Nuovo in collaborazione con La Pergola. Silvio Orlando e Daniele Luchetti, rispettivamente protagonista e regista della pièce, sono gli stessi che, più di vent’anni fa, nel 1992, portarono per la prima volta in teatro questo testo di Starnone. Lo spettacolo, allora intitolato Sottobanco, ebbe un successo tale da divenire successivamente (nel 1995) un film, La scuola, appunto, sempre con Orlando nel ruolo principale e Luchetti come regista. A distanza di vent’anni, durante i quali Luchetti ha realizzato parecchi film di successo (tra cui Il portaborse, Arriva la bufera, I piccoli maestri, Mio fratello è figlio unico, La nostra vita e Anni felici) e Orlando ha alternato cinema a teatro, i due ritornano dunque sui banchi di scuola. Orlando interpreta Vivaldi, ingenuo professore d’italiano di un malandato istituto tecnico della periferia romana frequentato da ragazzi tutt’altro che diligenti. È l’ultimo giorno di scuola: un pretesto per raccontare con vari flashback ciò che è accaduto nell’arco dell’anno e tratteggiare i caratteri dei diversi docenti e degli studenti tra i quali spicca per negligenza Cardini, detto la “mosca”, ragazzo dai gravi problemi famigliari e comportamentali, che comunica solo… imitando una mosca.

Il penultimo spettacolo, in cartellone dal 10 al 15 marzo, ci riporta agli autori classici, a Molière di cui Khora Teatro e Teatro Stabile d’Abruzzo presentano Don Giovanni interpretato da Alessandro Preziosi che ne è anche il regista. L’attore napoletano porta così a compimento una trilogia d’ambientazione seicentesca che lo ha visto interpretare in precedenza i ruoli di Amleto e Cyrano, proposti anche a Verona, rispettivamente al Teatro Romano e al Nuovo. Del seduttore per eccellenza, Molière segue il percorso amoroso e libertino che porta l’uomo da una conquista all’altra: nessuna donna riesce a resistergli. Le avventure sentimentali vanno però di pari passo con altri eventi rocamboleschi tra fughe, crimini, travestimenti finché un giorno sembra che Don Giovanni voglia ravvedersi e diventare uomo di Chiesa. Ma così non sarà e la minacciata punizione del cielo si abbatterà su di lui. Al testo di Molière sono stati aggiunti stralci dal dramma Il convitato di pietra di Puškin e dal libretto di Lorenzo Da Ponte per l’opera di Mozart.

Gran finale di stagione con un testo famosissimo datato 1955, La gatta sul tetto che scotta di Tennessee Williams in scena dal 24 al 29 marzo nell’allestimento della compagnia Gli Ipocriti. I protagonisti sono due giovani ma già affermati attori al loro debutto a Verona: Vittoria Puccini e Vinicio Marchioni, diretti da Arturo Cirillo.

La Puccini, la famosa Elisa di Rivombrosa dell’omonimo serial televisivo, si è in seguito divisa tra tivù (dove, tra l’altro, ha interpretato Anna Karenina e si appresta a impersonare Oriana Fallaci) e il cinema dove ha lavorato con diversi registi tra cui Gabriele Muccino (Baciami ancora) e Lucio Pellegrini (La vita facile). Analogamente, Vinicio Marchioni si è fatto conoscere dal grande pubblico televisivo nel ruolo del “Freddo” nella serie Romanzo criminale. Al cinema lo si ricorda in particolare per il film 20 sigarette scritto e diretto da Aureliano Amadei, scrittore-regista scampato all’attentato del novembre 2003 contro la base militare italiana di Nassyria in Iraq. La gatta sul tetto che scotta – che valse a Tennessee Williams un secondo Premio Pulitzer dopo averlo già ottenuto nel 1948 per Un tram che si chiama desiderio – descrive lo scontro generazionale in una ricca famiglia del Sud degli Stati Uniti. Un facoltoso proprietario terriero, gravemente ammalato, festeggia il suo sessantacinquesimo compleanno circondato dalla famiglia e dai due figli che per ragioni diverse lo preoccupano. Il maggiore, Carson, è divorato dall’avidità; il minore, Brick, ex atleta nevrotico e alcolizzato, trascura la moglie Maggie, la gatta del titolo. In un susseguirsi di ipocrisia e sogni infranti, la donna farà di tutto per salvare il suo matrimonio.

Come nelle passate edizioni, nei giovedì di spettacolo i protagonisti del Grande Teatro incontreranno il pubblico nel foyer del Nuovo alle ore 17. Gli otto incontri saranno preceduti da altrettanti “inviti alla visione”, otto “aperitivi teatrali” a cura di Simone Azzoni.

INFORMAZIONI Comune di Verona tel. 045 8077201 e www.ilgrandeteatro.comune.verona.it