MADAMA BUTTERFLY ALL’ARENA DI VERONA

Diciamo subito che “Madama Butterfly” non è opera da Arena in quanto, incastonata tra quasi impalpabili emozioni (“ … noi siamo gente avvezza alle piccole cose”) e piccoli e grandi egoismi necessiterebbe , per essere ben eseguita ed interpretata, di quel raccoglimento che lo spazio aperto , e quello areniano in particolare, tende fatalmente a disperdere ma data la sua particolare popolarità viene spesso e volentieri eseguita durante i Festival estivi.

La collaudata regia di Franco Zeffirelli, che inaugurava con questo allestimento il Festival areniano nel 2004, conferma, rivista oggi, i suoi pregi ed i suoi difetti. Come sottolineo spesso il noto regista è perfettamente a suo agio quando deve raccontare delle storie e se queste si svolgono a cavallo dei primi del Novecento , riesce meravigliosamente a sottolineare quel periodo storico attraverso una narrazione didascalicamente minuziosa creando un’atmosfera che, attraverso tutta una serie di particolari ( raffinati e dettagliati i costumi di Emi Wada) guida lo spettatore quasi attraverso le pagine di un libro illustrato, affascinante per la patinatura delle pagine, la raffinatezza dei colori e l’intenso profumo che, inebriando lo spettatore lo accoglie ed abbraccia con calore. Poco importa poi che la collina che domina Nagasaki sia più popolata di una via cittadina ed affollata da ogni genere di venditori e che il numero di ombrellini in scena sia quasi pari a quello delle candeline , l’effetto è sicuramente ben studiato ed il pubblico sembra gradirlo proprio per quella sostanziale aderenza a quell’affascinante Giappone da cartoline che affascinò così tanto Puccini ed entro il quale egli creò quel dramma interiore di sempre attuale intensità che tutti ben conosciamo .

Il ruolo di Cio-Cio-San è indubbiamente uno dei più difficili scritti per soprano perchè necessita di una continua ed assoluta credibilità teatrale del personaggio, giocato attraverso una vocalità messa continuamente alla prova dall’ardua partitura, che non deve mai essere abbandonato ma bensì tratteggiato attraverso una continua attenzione alla parola, al fraseggio ed alla teatralità del movimento.

Oksana Dyka è vocalità rilevante , possiede un bel timbro, una tecnica solida ed una sostanziale buona teatralità ma , nonostante tutte queste caratteristiche che la presentano artista di indubbio valore , la sua Butterfly stenta a volare. L’ interpretazione del ruolo è infatti, a tratti, troppo monocorde e poco trasmette l’enorme dramma della protagonista risolto in una sostanziale e certo voluta rigidezza nel fraseggio, perfetto per tratteggiarne la forza e la determinazione ma non altrettanto per sottolinearne la terribile e commovente fragilità (“Come una mosca prigioniera l’ali batte il piccolo cor”). Una Butterfly buona vocalmente dunque ma teatralmente ancora da cesellare .

Il tenore Roberto Aronica si mostra un eccellente Pinkerton, forse anch’esso maggiormente sbilanciato sul versante prettamente vocale ( ma Pinkerton ha i tratti di una figurina ritagliata rispetto alle dominanti Cio-Cio-San e Suzuki) ma sostanzialmente corretto . Dotato di bel colore , giusto squillo , curata attenzione al fraseggio e buona tecnica , che solo a tratti nel passaggio tende a schiacciare un po’ il suono, l’artista ha assai ben tratteggiato nel complesso il suo, ben ingrato, ruolo.

Ottima l’interpretazione di Veronica Simeoni quale Suzuki. Perfettamente consapevole dell’importanza teatrale e drammatica del suo personaggio, la brava artista, con una curata attenzione all’interpretazione scenica e teatrale, ne ha fatto un ritratto completo e di estrema raffinatezza drammatica.

Professionalmente delineato lo Sharpless di Gabriele Viviani.

Completavano il cast l’ottimo Francesco Pittari (Goro), Federico Longhi (Yamadori), Paolo Battaglia (zio Bonzo), Nicolò Ceriani (Commissario Imperiale), Victor Garcia Sierra (Ufficiale del registro), Chiara Fracasso (madre di Cio-Cio-San) e Elena Borin (cugina di Cio-Cio-San).

Diligente, ma con poche sfumature espressive, la direzione del M° Marco Armiliato che ha comunque professionalmente guidato l’orchestra areniana così come ben si è comportato il coro, diretto dal M° A. Tasso.

Verona, 27 agosto 2014

SILVIA CAMPANA