FESTIVAL TERRENI CREATIVI. REPORT

Albenga, 4-6 agosto, Festival Terreni Creativi, intenso e partecipato. Bella esperienza.

Nonostante il direttore artistico Maurizio Sguotti abbia dichiarato non esserci stato un intenzionale filo conduttore ( vedi intervista), tutto si incastrava perfettamente e gli eventi si richiamavano l’un l’altro come a concludere o a proseguire in modo naturale tacite domande comuni sottese del vivere contemporaneo su omologazione e consenso, società e contraddizione, quale tipo di partecipazione.

Non crediamo alle strane coincidenze di accorpamenti casuali, piuttosto riteniamo che oggi un teatro di ricerca esista, un teatro che si interroghi sul proprio ruolo e che si caratterizzi non solo per la novità dei linguaggi multimediali piuttosto che performativi, quanto per i contenuti, come a dire che le tecnologie dovrebbero essere strumenti e non fini, anche se talvolta la qualità del linguaggio scelto è talmente importante da non essere facilmente scisso dal contenuto, come anche qui è avvenuto.

Un’altra cosa che ci è parsa interessante è il particolare rapporto che si è instaurato tra attori e pubblico, un pubblico che ricordiamo contenuto compatibilmente con lo spirito del Festival (max 300 spettatori) che ha potuto seguire con unico economico biglietto giornaliero una serie di eventi di teatro, danza e musica, cena compresa.

Ce ne sarebbero stati di più di spettatori in considerazione degli ampi spazi interni ed esterni delle aziende, ma con un sovraffollamento si sarebbe snaturato quel clima rilassato di naturale empatia e condivisione ( quasi familiare), scelta intelligente e lungimirante questa , della direzione artistica . In questo rapporto “personalizzato” sono state smussate rigidità ed angolosità artistiche in modo tale da creare un continuum in apertura tanto con lo spettatore quanto con gli altri artisti/ spettacoli presenti: possibile rimando ad esempi di “ecosistema” che richiamano alle esperienze di urbanexperience condotte anche da Carlo Infante ( vedi intervista) e che ha visto anche la opportuna presenza del critico Oliviero Ponte di Pino, qui per presentare il proprio interessante ultimo libro: “Comico e politico. Beppe Grillo e la crisi della democrazia”, presentato da Cristina Rava, libro che si interroga sul rapporto che intercorre tra il teatro e la politica e in particolare sulle modalità di comunicazione tra attori/spettatori e politici/cittadini.

Ci soffermiamo sugli spettacoli teatrali, tralasciando gli apporti pur importanti musicali e citando solo la presenza trasversale all’intero festival del Laboratorio aperto di danza” Germinazioni” condotto dalla danzatrice e coreografa Nicoletta Bernardini, che ha visto coinvolti partecipanti di ogni età senza specifici requisiti, con ottimi risultati estetici e contenuti di rilievo, in un percorso più intimista di analisi del gesto nella prima giornata, in uno studio più materico sul corpo e la sua evoluzione naturale a stretto contatto con la terra nella seconda, in un rapporto gioioso con la natura giocato tra eleganza e sensualità nel terzo.

GLI SPETTACOLI

LA LUNGA ASTA DEL SANTO ( in tre puntate)

Ad introduzione di ogni serata la Compagnia “ Gli omini”, qui in formazione ridotta con gli attori Luca Zecchini e Nicolò Belliti, hanno presentato un’interessante quanto divertente e coinvolgente mercante in fiera sulle vite dei santi, in cui gli spettatori, cui erano state assegnate delle fiches in lire con importi diversi e casuali, hanno partecipato comprando le immagini dei santi, secondo le regole di un’asta pubblica, dopo avere sentito il banditore narrare le gesta e i supplizi di ciascuno.

Lo spettacolo ironico ( a tratti cinico) ed interattivo, rimane sospeso in un clima quasi surreale, nella non chiara definizione teatrale del ruolo dei due attori e della loro relazione, giocata su diversi piani, intuizione questa che colloca la performance in uno spazio impreciso, togliendone un valore irrispettoso e polemico, nonostante il tutto venga trattato con sguardo laico.

Quando, colpita dal successo di pubblico e dall’assenza di contestazioni nonostante l’eterogeneità di credi ed età chiedo a Zecchini se questa sia la reazione naturale al loro spettacolo mi risponde con il seguente aneddoto: “In un borgo in toscana ho individuato come spazio scenico possibile il sagrato di una Chiesa, perchè la facciata ornata di santi mi pareva ideale come scenario, così ho chiesto il permesso al parroco, il quale non solo me lo ha concesso partecipando all’asta, ma alla fine mi ha ringraziato per avere scoperto cose che non sapeva sulla vita dei santi citati.”

Altrettanto interessante le modalità di lavoro di questa Compagnia che progetta i propri spettacoli utilizzando residenze temporanee di 7/10 giorni in un luogo e li realizza con i materiali/ interviste degli abitanti, poi spettatori a conclusione del progetto.

Altrettanto interessanti il curriculum e le produzioni di questa Compagnia ( www.gliomini.it )

PRIMI PASSI SULLA LUNA- DIVAGAZIONI PROVVISORIE PER UNO SPETTACOLO POSTUMO

E’ l’unico evento del Festival che non ci ha artisticamente convinto. Andrea Cosentino, solo in scena, narra per immagini che si intrecciano tra loro, tra realtà e interpretazione, ma la narrazione è un flusso continuo verbale, senza pause né sottolineature, quasi un casuale emergere alla coscienza di fatti vissuti e commenti a volte senza interesse, spesso intrisi di luoghi comuni,con qualche battuta ad effetto per strappare un sorriso al pubblico e qualche interessante spunto di riflessione. Nel complesso però è risultato un banale lasciarsi andare, senza preoccuparsi di una reale comunicazione con lo spettatore, un affidarsi alla propria indubbia simpatia, che però non basta a giustificare secondo noi uno spettacolo.

A parte la modalità poco teatrale, anche i contenuti non ci sono parsi di rilievo, o comunque tali da giustificare un monologo di più di due ore e che ha visto alcuni spettatori abbandonare la platea, me compresa raggiunte le due ore. Il materiale, ora dal mio punto di vista troppo eterogeneo e informe, ma che senza dubbio chiude un cerchio di senso, avrebbe potuto essere meglio sintetizzato e le poche immagini presenti, più significative nel loro reciproco intreccio che prese a se stanti, avrebbero potuto essere rese in chiave più teatrale magari con una rielaborazione e con l’utilizzo di linguaggi non solo verbali.

SEMBRA MA NON SOFFRO

Abbiamo già recensito questo spettacolo che abbiamo rivisto molto volentieri di Roberto Scappin e Paola Vannoni di Quotidiana Com. compagnia che ci aveva già positivamente impressionato al Festival di Teatro di Piazza di Sant’Arcangelo di Romagna con lo spettacolo “ Grattati e Vinci”.

Non vorremmo ripeterci, solo sottolineare che dal nostro punto di vista, per le modalità con cui gli spettacoli di questa compagnia vivono in scena, con uno stile del tutto personale sia linguistico che espressivo, rappresentano un nuovo punto di partenza del teatro contemporaneo. Riconosciamo loro il merito di avere aperto una nuova direzione ( dovrebbero fare parte della storia del teatro) e siamo curiosi di seguirne l’evoluzione.

THE BEST OF

Un atteso ritorno di Leo Bassi, il noto “circo più piccolo del mondo”, l’attore italo francese provocatore performer clown che tra gli anni ’70 ed ’80 attraversava con disinvoltura i maggiori festival internazionali di teatro, coniando già allora nuove modalità di rapporto con il pubblico, con formule al limite della legalità ed esplorando con curiosità quel limite tra lecito/illecito , nel rapporto di potere tra palcoscenico e platea, attore e spettatore: performance che avvenivano a sorpresa direttamente con e tra il pubblico. Ci è parso che davvero qui in questo Festival non potesse mancare. L’evoluzione nel tempo c’ è stata. L’attore si presenta ancora come clown, solo un naso rosso per sottolinearlo di cui si libera quasi subito, ripercorrendo in prima persona in un, accattivante monologo le ragioni prime delle sue scelte artistico/esistenziali, una ribellione già infantile contro le convenzioni sull’onda di una curiosità innata di vedere “cosa succede se….”.

Ma poi, a confronto diretto con il pubblico ripercorrendo i “numeri” per i quali è famoso, la sua performance si colora di autoironia mista a commovente amore per la vita e l’umanità, quando declama che la vita è bella e quando si porge al pubblico in versione “dolce” nelle sembianze di angelo imperfetto in cerca delle contraddizioni della vita.

Emanuela Dal Pozzo