“REATI,PERSONE, SICUREZZA SOCIALE”: CONVEGNO NEL CARCERE DUE PALAZZI DI PADOVA.

Interessante convegno il giorno 5 dicembre 2012 all’interno della Casa di reclusione Due Palazzi di Padova, una giornata intensa rivolta ai giornalisti del Veneto per sensibilizzare al tema della pena e alla vita in carcere, tra problemi di sovraffollamento, carenze legislative e significato della detenzione.

Il seminario dal titolo “Reati, persone, sicurezza sociale. Conoscere il carcere per raccontarlo” è stato organizzato dalla redazione di Ristretti Orizzonti, rivista bimestrale interna al carcere padovano con rassegne stampa quotidiane, e dall’Ordine dei Giornalisti del Veneto.

Abbiamo partecipato anche noi di “ traiettorie”, interessati al carcere come struttura, che, per quanto ai margini della società ne fa sempre comunque parte, anche se le notizie che trapelano dall’interno verso l’esterno sono rare e sempre negative ed eclatanti: dai problemi strutturali e di sovraffollamento fino alla catena continua di suicidi.

Eravamo particolarmente interessati ai percorsi rieducativi, intravvedendo anche nelle esperienze di laboratorio teatrale possibili forme di rielaborazione personale, di analisi soggettive, di espressione e comunicazione utili allo scopo di una rieducazione, ma il convegno ha focalizzato altri aspetti della pena, interrogandosi più sulla legislazione in merito e sulla percezione comune del “reo”, quella che trapela dai giornali spesso superficiale e fuorviante.

Numerosi i giornalisti che hanno aderito e autorevoli gli interventi in una giornata intensa e ricca di contenuti, che ha dato ampio spazio anche alle testimonianze dei detenuti che collaborano alla rivista Ristretti Orizzonti, con lo scopo di far conoscere sia la realtà sociale del carcere, che quella privata di quanti sono rinchiusi, a volte con l’”ergastolo ostativo”, senza possibilità di permessi, in condizione di sepolti vivi.

Particolarmente questa condizione estrema, ma non rara, ha aperto la riflessione sul significato della rieducazione, principio presente nella Costituzione, ma annullato nei fatti, nel non concedere una seconda possibilità al condannato, tema affrontato da Andrea Pugiotto, Ordinario di Diritto costituzionale, Università di Ferrara, autore della Lettera aperta al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, sottoscritta da oltre cento costituzionalisti.

La lettera si schierava ” a favore di una valorizzazione in massimo grado della finalità di risocializzazione del reo” ( che, in quanto testualmente prevista nel dettato costituzionale, non può mai essere integralmente sacrificata).

L’intervento successivo di Mauro Palma, ex presidente del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti del Consiglio d’Europa, e attuale membro presso lo stesso Consiglio, ha analizzato il rapporto popolazione detenuta e quantità di reati. Dalle analisi statistiche sembra ci sia un incremento ingiustificato delle detenzioni rispetto al numero reale dei reati che sembra anche diminuire negli ultimi anni, fatto spiegabile solo con una volontà che asseconda una richiesta sociale sempre più determinata alla “carcerizzazione”, anche quando vi sarebbero possibilità di pena alternativa.

E’ quindi intervenuta Linda Arata, ex Pubblico Ministero, oggi magistrato di Sorveglianza presso il Tribunale di Padova, che ha spiegato il lungo percorso dal reato alla detenzione e alle misure alternative.

Ha concluso la giornalista del TG 1 RAI Francesca De Carolis, curatrice del libro che ha presentato: “Urla a bassa voce. Dal buio del 41 bis e del fine pena mai”, nato da una raccolta di testimonianze, prima di dare la parola ai detenuti che hanno raccontato la propria esperienza, alcuni in modo toccante, a partire dal reato compiuto.

Un Convegno cui seguiranno altri, è stato assicurato, mentre in data 10 e 11 dicembre 2012 il Tam Teatro Musica/ Teatro Carcere ha presentato alla cittadinanza di Padova al Fronte al Porto “ Tutto quello che rimane” , la sintesi di 20 anni di esperienza nel carcere di Padova in “un’opera performativa dove la memoria agisce come drammaturgo e la composizione si rivela come unica forma possibile per raccontare”, una selezione di gesti, immagini, suoni, parole, tratti dagli spettacoli e restituiti in forma d’arte poetica, senza rispettare una cronologia, ma cercando gli elementi essenziali e trasversali di tutto il percorso di lavoro.

Emanuela Dal Pozzo