LE REALTA ‘ IMMERSIVE: DAI WALK SHOW DI URBAN EXPERIENCE ALLE ESPERIENZE INTERATTIVE MULTIMEDIALI. REPORT

Un altro week end a Roma in compagnia di Urban Experience e di Carlo Infante dentro il progetto “Piedi per terra e testa nel cloud. Esplorazioni urbane per una mappa attiva della memoria partecipata” dal 21 al 23 febbraio 2015.

Seduzione mista a timore reverenziale per le installazioni di video art di PERIFERICA #ArtIsAct : mash up di linguaggi artistici plurali e di performing media all’interno del Fusolab.

Urban Experience approda al centro sociale occupato, trasformato in laboratorio didattico multimediale, nella serata di sabato 21 febbraio per un talk di Carlo Infante dal titolo:

“ Performing media: dal videoteatro all’Urban Experience per il change making”.

Si gioca con il tempo, variabile relativa e soggettiva, a rintracciare nella memoria ( ma non collettiva) quei primi documenti di video teatro di alcuni decenni fa ( di cui Carlo Infante è coautore) che mostrano la possibilità di interagire con le animazioni video in tempo reale. E’ l’inizio di una rivoluzione tecnologica, preistoria per chi oggi padroneggia con disinvoltura i media, tanto da suscitare “tenerezza” dice Carlo Infante, affascinante o inquietante realtà per chi invece si trova fuori da quel contesto e che magari utilizza senza la stessa consapevolezza pc e social network, perchè la domanda implicita che accomuna oggi in un’assunzione di responsabilità consapevole è la difesa dalla manipolazione.

Si gioca ancora con il tempo a contatto delle attuali opere esposte al Fusolab: le risposte dell’oggi all’interpretazione del reale e al bisogno di cambiamento.

Il concetto, in un continuum senza soluzione di continuità, verrà ripreso la sera successiva del 22 febbraio in un altro talk sempre di Carlo Infante dal titolo“ Il corpo aumentato, l’evoluzione culturale e tecnologica del performing media” e in un altro spazio, questa volta un ex lanificio convertito in scuola professionale di danza.

Appare curioso e al tempo stesso confortante che questi due grandi centri dismessi di Roma ( l’attuale Fusolab e il Lanificio) tornino a vivere per iniettare cultura in città, dimostrazione non solo della connaturata esigenza di un’impellenza espressivo comunicativa inserita nel territorio, quanto di come non sia vero che di cultura non si campi, come a dire che sarebbe ora di smettere di pensare ad un bilancio culturale fallimentare per definizione, quanto invece di ripensare anche in chiave economica di un rilancio del settore che al contrario potrebbe risanare altre carenze. ( Il discorso è stato già affrontato per il festival di strada “Magie”di Costa di Mezzate, in cui tutti gli abitanti vengono coinvolti nella sua organizzazione, capace di portare in un paesino di poche anime del bergamasco migliaia di turisti con le relative ripercussioni sull’indotto: ristoranti, locali e servizi.)

Tornando al Lanificio di cui sopra fin dal nostro ingresso il contesto sembra chiaro: la danza, il linguaggio del corpo, abbraccia l’esperienza di tutti e dipersè tranquillizza, ma il previsto talk di Infante ci parla del “corpo aumentato”: i confini fisici del nostro corpo non sono più così scontati, si dilatano, invadono e vengono invasi grazie a sensori capaci di modificare la nostra immagine: altre proiezioni di performing media affascinanti o inquietanti.

LA PERFORMANCE “MECCANIMUS#2”

La serata si conclude con la performance“Meccanimus#2” per la regia di Francesca Fini, con le performer Francesca Fini e Anna Bastoni e il musicista Pierpaolo Caputo alla ghironda, un lavoro attoriale e multimediale che indaga il rapporto tra uomo e donna e uomo e cosmo aperto al futuro, occasione anche per aprire un dibattito dietro le quinte, in via più informale, sulle declinazioni e il significato di “performance”.

Meccanimus #2 è un lavoro ricco di spunti interessanti che trae da Me-ti di Bertold Brecht i propri principi ispiratori, ma che evidenzia una cura del dettaglio nelle immagini proiettate e una mescolanza interessante tra vecchio e nuovo ( la vecchia macchina da scrivere Olivetti con puntine affilate al posto dei tasti, una macchina da scrivere anni ’40 e una ghironda amplificate ), mondi che si compenetrano alla ricerca di risposte verso un ordine ideale, una sinergia di linguaggi mediali e simbolici tesi a denunciare il “cattivo lavoro” dell’uomo che ha contrastato la natura attraverso un utilizzo schematico e razionale della propria intelligenza e che sembra avere perso il senso del piacere delle sue sfumature.

“ La macchina da scrivere onnipresente in scena “cita la presentazione “ è il simbolo di questa meccanizzazione dello spirito in nome dell’efficienza, che diventa trappola mortale e strumento di dolore autoinflitto”

IL WALK SHOW SU TORQUATO TASSO VISTO ATTRAVERSO I SUOI LUOGHI E LE SUE OPERE.

Mentre lo sguardo abbraccia Roma con le sue cupole e il suo biancore contrastato dagli umorali colori di un cielo aggressivamente incombente, si passeggia sul Gianicolo arrivando dalla salita di Sant’Onofrio e si disquisisce di Torquato Tasso tra etimologie, ( c’è una connessione come qualcuno sostiene tra la parola” tassista” e Tasso?) poetiche ( si leggono e si ascoltano brani della Gerusalemme Liberata) e scelte di vita ( il suo rapporto con la religione era davvero così tormentato e “ammalato”oppure la sua era la condizione di quanti vengono estromessi dalla società perchè diversi, da Antonin Artaud ( citazione ricorrente in queste giornate nel rapporto tra arte e trascendenza) a Van Gogh?

I percorsi geografici si intersecano con quelli storici, quelli letterari con riflessioni più attuali. Infine è l’Arcadia che, passando attraverso Leopardi, pacifica gli animi: il desiderio di ritorno ad un rapporto più autentico con la natura e con il bosco, nella sua complessità significante intrisa di mistero e di leggi, di contrasti e di forza vitale.

“ Piedi per terra e testa nel cloud” è una consapevolezza di attraversamento di realtà parallele, con un corpo senziente e sensibile, un attraversamento di dimensioni spaziali e temporali nella molteplicità di suggestioni sensoriali e mentali. E’ una forma di realtà immersiva che ci trasporta, indenni ma più ricchi di esperienza, lungo la linea immaginaria del tempo, fino a “fratture di cornice” e ricomposizioni nella delineazione di una evoluzione più veloce di quella naturale. Si viaggia nel tempo e nello spazio tante volte quante le rotture delle nostre cornici, tante volte quante le nuove identità che desideriamo giocarci.

Emanuela Dal Pozzo