“INSABBIATI” DI VALENTINA BISCHI. RECENSIONE

Narrazione per attrice solista “Insabbiati”, in scena il 20 luglio 2014 nel centro storico di Tremoleto: splendida opportunità per visitare i paesini dell’entroterra toscano, attraverso un itinerario appositamente studiato da Andrea Kaemmerle, direttore artistico del Festival “Utopia del Buongusto”che dal 22 giugno al 18 ottobre 2014 attraverserà diverse borgate in 44 serate di cene e teatro.

E’ una iniziativa dalle tante belle intenzioni: a) portare il teatro all’aperto, fuori dai classici palcoscenici, restituendone il primitivo significato di rapporto diretto con gli spettatori; b) far conoscere attori di talento che spesso non trovano spazio nei grandi circuiti già occupati dai nomi importanti c) “rieducare” il pubblico di spettatori ad un teatro professionista più impegnato che d’intrattenimento.

E’ certamente il caso di “Insabbiati”in cui viene chiesto all’attrice Valentina Bischi, anche regista della piece, una capacità di tenuta di scena non indifferente, nel difficile compito di non far cadere mai l’attenzione dello spettatore, che l’interprete gioca tutta nel linguaggio del corpo, della parola e dell’immagine.

“Insabbiati”, ambientato negli anni della seconda guerra mondiale, è la biografia di una storia capitata per caso tra le mani della giovane attrice, tra vecchi documenti di famiglia: le lettere del nonno Ricciotti Menotti Bischi, trovatosi per caso a combattere in Etiopia, lì temporaneamente per girare un documentario come cineoperatore dell’Istituto Luce. Quella che sembrava per l’uomo un’occasione di carriera e di miglioramento economico si trasforma in tragico destino mentre la moglie Augusta con i tre figli a Roma attendono il suo arrivo, che mai avverrà, scandito dall’invio delle sue lettere.

Ben giocata la drammaticità della piece in cui l’attrice attraversa con verità scenica i diversi stati d’animo che l’accompagnano, affidando al proprio corpo e alle immagini d’epoca dell’Istituto Luce il compito di tratteggiare il periodo buio della guerra accostando un vissuto personale a flash di cronaca oggettiva, mantenendo un rigore di racconto/ testimonianza senza giudizi di valore, ed una presenza scenica ineccepibile, nonostante gli inevitabili ( ed in questo caso anche eccessivi) disturbi propri di uno spazio esterno esposto quale questo: un piccolo piazzale antistante una chiesa.

L’attrice ci dice lo spettacolo essere quasi un debutto, quindi ancora in itinere, con le inevitabili necessità di collaudo che solo le molteplici repliche con pubblico possono garantire. Noi siamo certi che la messa in scena già più che buona crescerà, con uno studio di luci più curato, un ambiente maggiormente protetto e quelle idee registiche che possano dilatarne la trama, magari ricavando nicchie di poesia entro una drammaturgia necessariamente drammatica. Ne siamo certi perchè l’attrice è brava, il suo percorso attoriale è di spessore e la struttura drammaturgica già così dimostra di reggere.

Emanuela Dal Pozzo