FESTIVAL ORIZZONTI VERTICALI. LUCA SCARLINI, ORCHESTRE TOUT PUISSANT MARCEL DUCHAMP E KOREJA/SANTERAMO- REPORT DEL 4 LUGLIO 2019

foto di Francesco Spagnuolo

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Il Festival oggi si è aperto alle 18.30 con il consueto appuntamento con la storia del borgo senese, raccontata – attraverso uno tra i capolavori artistici tuttora ivi conservati – da Luca Scarlini.

Nella Sala dove Dante perorò la causa della Repubblica Fiorentina (e da qui il nome), oggi all’interno dei Musei Civici, Scarlini rammenta quel torno di tempo, breve – circa tre anni – in cui l’Alighieri si dedicò alla politica (con funeste conseguenze, per lui, ossia l’esilio; ma eccellenti per i posteri, in quanto tornò alla scrittura a tempo pieno e dall’amertume della persecuzione generò la Commedia).

Interessante come Scarlini, prendendo le mosse da La Maestà di Lippo Memmi, e da altri affreschi a tema cavalleresco, racconti non solamente la vita dei potenti (e i loro ozi e passioni, dalla caccia ai tornei che, se potessero essere reintrodotti per dirimere le controversie dei potenti, forse dimezzerebbero i problemi di noi comuni mortali dato che, come ricorda Scarlini, spesso avevano esiti infausti per almeno uno tra i due nobili contendenti), ma anche quella quotidianità che è la storia reale dei popoli.

Dal costo di un’oncia di azzurro al ritrovamento tra i ghiacci di una tunica da bambino intessuta in Toscana, dal significato della simbologia e dei colori (il bianco e il nero delle gazze, per esempio) all’ammaestramento dei falchi, emerge un quadro più vivido e meno encomiastico non solamente di Carlo I d’Angiò ma dell’intero periodo che va dalla fine del Duecento ai primi del Trecento in area toscana.

A seguire, in piazza Sant’Agostino, intorno alle 21.30, l’Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp ha dato vita a un’ora di spensieratezza inebriante, invadendo il centro storico di San Gimignano con le sue note di world music.

foto di Francesco Spagnuolo

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La varietà degli interventi canori e dei ritmi, che hanno spaziato da sonorità celtiche a suggestioni arabe; la presenza in scena di ben 14 elementi affiatati fra loro; l’energia positiva di un invito alla compartecipazione, allo stare bene insieme, all’amicizia tra i popoli; l’ottima acustica della stessa piazza e il bel dialogo basso/batteria hanno reso sicuramente, questo, il momento clou della serata e probabilmente, a livello musicale, dell’intero Festival.

Poco dopo le 22.30, in piazza Pecori, Koreja ha presentato il nuovo spettacolo scritto da Michele Santeramo, La Ragione del Terrore.
In tempi di Matera Capitale Europea della Cultura, riparlare della vita del Secondo Dopoguerra nelle grotte, in quel lembo di terra che si estende tra Lucania e Puglia ionica, appare forse un po’ scontato; ma se si tenta di allacciare il discorso a fatti realmente occorsi all’epoca e, dall’altra parte, ai nuovi fenomeni di povertà e migratori, l’intento è sicuramente da plaudire.

foto di Francesco Spagnuolo

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Supportati da una scenografia pop-up che rimanda opportunamente alla dimensione della favola (à la Grimm, però, e non al buonismo consumistico di Peppa Pig), i due protagonisti raccontano, uno a parole e l’altra attraverso i silenzi dell’universo femminile di matrice patriarcale, una storia di ordinaria follia in linea col capolavoro di Scola, Brutti, sporchi e cattivi.
Purtroppo, però, non tutto convince.

In primis, il succitato film racconta quel mondo che aveva fagocitato anche Pasolini e la sua morte, mentre quel mondo esisteva e si stava affrancando dalla miseria attraverso un’adesione a modelli consumistici e televisivi che avrebbero condotto a quella subcultura popolare (che denunciava già Pasolini) generatrice del falso/vero massmediatico, della disinformazione strombazzata dei social, della sete di rivalsa del sottoproletariato, così come delle minacce di stupro politico (proprio di questi giorni). La pregnanza, quindi, di quel film stava nel ritrarre l’attualità attraverso la lente abbruttente ma anche demistificante del grottesco. Qui ci troviamo di fronte a fatti lontani che, se attualizzati, così come portati in scena sembrano quasi dare ragione a chi teme la povertà come la peste e vuole che i reietti del mondo languano al largo o siano pastura per i pesci perché, in quanto poveri, cattivi.

Questo possibile fraintendimento deriva forse dal fatto che il libro dal quale Santeramo prende spunto per il suo testo drammaturgico, Guardati dalla mia fame, di Luciana Castellina e Milena Agus, dà voce anche all’altra faccia della stessa medaglia, ossia ai ricchi e, così facendo, non corre mai il rischio di scadere nella retorica – aggiungendo corposità sia al fatto specifico che alla sua analisi.
Se la prima parte di La Ragione del Terrore, al contrario, assumesse toni surrealistico-onirici – adombrati, del resto, nel testo stesso di Santeramo e nella scenografia – e solamente alla fine si creasse quel crescendo realistico che conduce al climax della tragedia e, di conseguenza, alla domanda finale (e quella domanda dovrebbe essere il finale: lancinante, senza epilogo al femminile), il pericolo di scivolare nella retorica si scanserebbe.

E infine, anche la presenza di un fantoccio, invece che di un’attrice in carne e ossa, non guasterebbe proprio per rendere ancora più incerta la nostra lettura di quanto accade in scena: racconto di un fatto reale o sogno/incubo del protagonista?
Nei prossimi giorni Orizzonti Verticali continuerà anche con due anteprime nazionali, la prima firmata da Giardino Chiuso (L’imputato non è colpevole) e la seconda da Silvia Battaglio/Biancateatro (Ballata per Minotauro).

Simona M.Frigerio
Visti a Orizzonti Verticali, San Gimignano, giovedì 4 luglio 2019