SAMSON ET DALILA AL TEATRO REGIO DI TORINO

04_sansoneUno spazio tagliato da lame di luce, segni di una divinità onnipresente e severa (fine Atto II) in cui scale e profili di edifici mediorientali si stagliano sullo sfondo e dove i colori dominano e parlano ( tanto monocromi e nei toni del deserto quelli degli ebrei tanto accesi e violenti quelli dei Filistei) è quello ideato da Hugo de Ana per il nuovo allestimento di “Samson et Dalila” al Teatro Regio di Torino sorto in coproduzione con il “Chine National centre for the performing Arts”.

Una regia intelligente e assai teatrale in cui il ‘moderno’, viene espresso attraverso tutto ciò che incide sulla nostra emotività (video, luci) tracciando un sotto testo che emerge senza soluzione di continuità attraverso l’impianto tradizionale ( il crollo del tempio , i costumi ) con un risultato di grande equilibrio ed effetto drammatico .

Un esempio tra tanti quello del baccanale attraverso il quale la classicità della coreografia viene a congiungersi con un quadro scenico che, ricordando monocromi o ‘grottesche’ arcaiche, giunge però a noi velato da una trama sottile ed impalpabile che tutto rende indefinito ed informe, nudità, costumi e contesto, rendendolo patrimonio della mente.

Daniela Barcellona, al suo debutto nel ruolo di Dalila, restituisce solo in parte la complessità del personaggio. Certamente la sua vocalità è precisa ed attenta al fraseggio ed alla mezza voce tradendo un attento ed accurato studio del ‘carattere’ ma, ciò nonostante, questo stentava a decollare realmente, restando un po’ imprigionato in un’interpretazione di maniera che sembrava restare lontana dalla sensibilità e dagli intenti della partitura stessa.

Per Gregory Kunde, impegnato nel ruolo di Samson, il discorso può dirsi rovesciato in quanto la sua vocalità, pur conoscendo a tratti qualche carenza nell’appoggio, sosteneva un’interessante lavoro sul fraseggio e l’interpretazione, soprattutto nell’Atto III, contribuendo a cesellare un eroe tormentato e complesso quanto perennemente alla ricerca di quel carisma spirituale che dovrebbe possedere e che lo rende angosciosamente tanto simile a noi, in un momento storico in cui etica e convenienza giocano a dadi ogni giorno e nessuno sembra più stupirsene.10_sansone

Claudio Sgura ben delineava il personaggio del Gran sacerdote di Dagon, piegando la sua tonante vocalità ai giusti fini espressivi e bene si portava anche Andrea Comelli nel ruolo di Abimélech.

Completavano il cast: Sulkhan Jaiani (un vecchio ebreo), Roberto Guenno (un messaggero filisteo), Cullen Gandy (Primo filisteo), e Lorenzo Battagion (Secondo filisteo).

La direzione del M° Pinchas Steinberg, alla guida dell’Orchestra del Teatro Regio, sembrava privilegiare, con giusta attenzione, la dimensione più oratoriale della partitura (troppi scollamenti con l’ottimo Coro del Regio diretto dal M°Claudio Fenoglio però) a scapito di una lettura in chiave più marcatamente drammatica.

Una sala gremita ed un pubblico entusiasta salutava questa bella produzione del Teatro Regio che si conferma una delle nostre realtà più raffinata per scelte artistiche e musicali, che questo sia forse un difetto ?

Torino, 20/11/2016

SILVIA CAMPANA