“ERA MIO PADRE”, L’OMAGGIO A WALTER TOBAGI AL KITCHEN DI VICENZA

E’ andato in scena domenica 7 febbraio al Teatro Kitchen Indipendente di Vicenza lo spettacolo “Era mio padre” proposto dalla compagnia Cie Twain physical dance theatre, nata dalla collaborazione tra la coreografa e regista Loredana Parrella e il theatre designer Roel Van Berkelaer .

Lo spettacolo, secondo capitolo di” Elettra -Trilogia di un’Attesa”, trae ispirazione dalla tragica vicenda di Walter Tobagi, giornalista del Corriere della Sera assassinato nel 1980, vista attraverso gli occhi dei figli Benedetta e Luca.

In loro ritroviamo le figure dei fratelli Elettra e Oreste nella complessità del legame fraterno, messo a dura prova dalla tragedia della perdita del padre e da tutto quello che ne consegue: la perdita di punti di riferimento, la negazione del lutto, l’abbandono alla disperazione, il lasciarsi travolgere dal senso di vendetta e di ingiustizia subita.

A differenza della vicenda mitologica alla fine non ci sarà la vendetta ma la riscoperta della figura paterna attraverso il ricordo della sua quotidianità, ricercando il padre e non la figura mediatica di giornalista martire.

Il tutto ci viene raccontato in maniera quasi didascalica dalla coreografa e regista Loredana Parrella, che apre lo spettacolo dandoci subito l’immagine di una quotidianità sconvolta. Ci appare la scena di una cucina nella quale la presenza di un grosso coltello che taglia le verdure e il ritmo incalzante con cui l’azione viene compiuta sono già preludio della tragedia che verrà.

Successivamente la scena si illumina sulle figure dei due interpreti Elisa Melis e Yoris Petrillo, avvolti da grandi teli di plastica e uniti tra loro da un elastico. In questa situazione d’inizio tutto sembra ancora irreale: in una sorta di pre nascita suggerita dalla scena e dalle luci . Ci si sente ancora protetti. I protagonisti si muovono in modo incerto, esplorando un terreno che ancora non conoscono; si cercano e si allontanano indecisi se cercare supporto nell’altro o affrontare da soli la nuova condizione che li vede loro malgrado protagonisti.

Con il successivo distacco tra loro inizia un tortuoso percorso introspettivo che esamina tutta la gamma emozionale, dall’ira all’autodistruzione. I cambi di abiti diventano cambio di pelle: una trasformazione continua alla ricerca di una nuova stabilità che però non arriva mai. Le distanze aumentano, le azioni sceniche suggeriscono una sempre maggiore conflittualità, il dolore elaborato nella maniera più semplice dà sfogo alla frustrazione.

All’apice di tutto questo qualcosa cambia ancora: le luci si spengono e prende piede la consapevolezza che la figura del padre può essere recuperata solo attraverso i ricordi che ha lasciato dietro di sé. Ecco allora comparire i testi delle lettere in cui Benedetta Tobagi ricorda suo padre e ne lega il ricordo a particolari episodi della vita privata. Ogni lettera racconta situazioni e stati d’animo differenti, puntualmente interpretati, risveglia ricordi d’infanzia, accompagnando l’elaborazione del lutto.

Alla fine rimarrà sospeso proprio il rapporto tra i due fratelli, forti di nuove esperienze e consapevolezze, ora in grado di proteggersi l’un l’altro e di ricreare quella quotidianità che si era perduta all’inizio. Si torna ad una dimensione domestica, seppure più cupa, nella quale i due fratelli potranno ricostruire un rapporto non più infantile e simbiotico ma ormai maturo.

Lo spettacolo scorre piacevolmente, la struttura stessa del teatro che lo ospita permette di goderne appieno e di farne uno spettacolo “totale”, in cui lo spettatore è coinvolto non solo visivamente. La vicinanza degli interpreti infatti permette di coglierne la fatica in piena empatia. La struttura coreografica e registica appare solida e consapevole , seppure scivoli a volte nei cliché tipici del teatro danza, di cui pare ansiosa di inserire quanti più elementi possibile.

Ottima prova degli interpreti Elisa Melis e Loris Petrillo, autentici performer capaci di danzare e recitare in maniera sempre misurata e credibile, coadiuvati da un felice uso della scenografia, dalle luci e dai numerosi indovinati elementi scenici.

Caloroso successo di pubblico.

Marco Fagioli