“YESTERDAY. L’ULTIMO GIOCO” ALL’EX ARSENALE DI VERONA. RECENSIONE

Un’intensa e bravissima Jana Balkan, la protagonista dell’ultima produzione del Teatro Laboratorio-Teatro Scientifico all’Arsenale di Verona “Yesterday. L’ultimo gioco”, in scena dal 25 al 28 febbraio 2014. Uno spettacolo senza filtri, che racconta la malattia dell’Alzheimer, prendendo a prestito la storia di tre persone reali e avvalendosi dei loro racconti e delle loro esperienze. In scena anche il figlio della malata ( Francesco Laruffa) e Isabella Caserta ( la badante moldava), ad assecondare, in modo più che credibile, le fantasie, gli umori, gli stati d’animo e il mondo interiore della protagonista, continuamente sospeso tra fantasia e realtà, passato e presente, lucidità e allucinazioni.

Citando la locandina: “….La perdita della memoria è una malattia che complica tutto perchè fa smarrire il senso delle cose, fino a farle sparire nell’indistinto. E’ un naufragare inesorabile verso il niente. E’ un lento smarrirsi nel silenzio e nell’assenza. E’ irreversibile.”

Lo spettacolo, scritto da Jana Balkan e di regia dei tre interpreti, ha visto il coinvolgimento del Centro Alzheimer di Verona, cui in parte verrà devoluto l’incasso.

Continua così il percorso sulla malattia e sul disagio sociale del Teatro Laboratorio, iniziato con “Orgia” di Pasolini, centrato su un atipico rapporto di coppia, descritto minuziosamente nelle proprie trasgressioni e in cui il pubblico era invitato in qualità di “voyer”, proseguito poi con Edema/Medea, in cui il protagonista interpretava il personaggio di un attore rinchiuso in un ospedale psichiatrico e intrappolato nel ruolo di Medea, con un pubblico chiamato a partecipare attraverso la condivisione di disturbi sonori cui era volutamente sottoposto, “Ofelia 4 e 48”, scaturito dalle note scritte prima del suicidio di Sarah Kane, coproduzione con il Teatro Valle di Roma, infine “Yesterday. L’ultimo gioco”, in cui lo spettatore è portato ad identificarsi con la malattia, senza alcun filtro di “protezione”, uno spettacolo duramente drammatico che fotografa la realtà così com’è, senza interpretazioni né note di giudizio.

Emanuela Dal Pozzo