“IL SUPERMASCHIO” A VILLA WASSERMANN. RECENSIONE

In scena il 16 febbraio 2014 a Villa Wassermann di Giavera del Montello, “Il Supermaschio”, ultima produzione di Giardino Chiuso di San Gimignano, realtà residenziale toscana di collaudata esperienza.

Se l’intento del Direttore Artistico della Rassegna “Asfalti teatrali 2014 “Giovanni Cilluffo era quello di selezionare opere di forte valenza sociale, come da egli stesso dichiarato, lo spettacolo in questione si è dimostrato quanto mai attuale e pertinente nonostante la datazione del racconto da cui è tratto: una sorta di manifesto del supermaschio di oggi, così come esce dai quotidiani e dai media, capace di ribaltare lo scandalo in virtù, in una sorta di delirio narcisistico mediatico.

La falsità della costruzione è evidente. Il protagonista, nella realtà scenica, è un uomo vecchio, malato non solo nel corpo, capace di suscitare ripugnanza empatica ad un pubblico volutamente contenuto nel numero e seduto in palcoscenico, mentre si consuma la celebrazione della memoria: un doppio record a celebrarne le gesta a letto e nello sport. Altrettanto costruito lo è in video, nell’affettazione di postura, mediocre individuo di mezza età che esordisce declamando: “L’amore è un atto senza importanza perchè lo si può fare all’infinito…”

Il testo, tratto da un breve racconto di Alfred Jarry del 1902 e adattato teatralmente da Sebastiano Vassalli, noto scrittore e giornalista dei tempi nostri, è quanto mai attuale e non ha bisogno di ulteriori citazioni perchè le allusioni sono già evidenti.

La messa in scena è per la maggior tempo affidata ad un video che riprende il monologo di Andrè Marcuel, – un bravissimo Fulvio Cauteruccio, brillantemente presente in video, goffamente in scena, con suoni inarticolati e trucco pesante- capace di trasformarsi in “L’ Indiano”: uomo muscoloso e tatuato capace di imprese impossibili, complice la bella partner Ellen Elson , interpretata da Camilla Diana.

Il protagonista sa che passerà alla storia per avere battuto il record di resistenza sessuale e per avere superato in velocità con la propria bicicletta un treno in corsa.

Alfred Jarry, drammaturgo e poeta francese morto nel 1907 a soli 34 anni per tubercolosi, celebre per la commedia Ubu Re, pietra miliare del teatro dell’assurdo, considerato precursore del surrealismo, con questo testo affronta temi che diventeranno capaci di segnare le epoche successive. Impossibile non pensare al manifesto futurista che apparirà sette anni più tardi (1909) e all’esaltazione della velocità; impossibile non pensare al fascismo e alla superiorità della razza, mentre “nelle straordinarie possibilità del carburante per la macchina umana inventato dal professor William Elson Il Perpetual-Motion-Food” possiamo riconoscere il precursore dell’odierno dopping.

Apprezzabile il rigore formale di questo breve ma incisivo allestimento.

Dopo un primo momento di smarrimento, in qualità di spettatori, per questa messa in scena volutamente “mediata” dall’efficace video di Andrea Montagnani, con attori in scena muti per buona parte del tempo, si applaude sia alla loro bravura che alla regia di Tuccio Guicciardini, che ha saputo con tratti decisi comunicare in modo eloquente, anche attraverso un disagio empatico, la celebrazione di un supermaschio grottesco, tanto più efficace quanto più delineato senza enfasi né concessioni comiche.

Emanuela Dal Pozzo